Tra le iniziative della casa discografica Orfeo per il proprio quarantennale, c’è un cofanetto certamente prezioso per coloro che amano l’opera litica. Si intitola Opera Rarities e contiene l’esecuzione di alcune opere di cui si parla spesso ma che non sono quasi mai in cartellone (e di cui esistono pochissime versione discografiche, quasi esclusivamente mai riversate in CD e di difficile reperimento): Don Giovanni di Giuseppe Cazzaniga, Djanileh di George Bizet, Armida di Antonin Dvořák, Šārka di Zdeněk Fibich, Thérése di Jules Massenet e La Bohème di Ruggero Leoncavallo.



Di questi titoli, ricordo una produzione scenica de La Bohème di Leoncavallo al Teatro La Fenice nel 1990. Delle altre non ne rammento alcuna. Le registrazioni nel cofanetto sono state effettuate, negli anni ottanta e novanta del secolo scorso, dai complessi della radio di Monaco di Baviera, della radio di Vienna, della Rai di Roma (quando esisteva), e della radio della Repubblica Cèca. Esecuzioni per diffusione radiofonica, i cui nastri sono stati riversati in CD, rimasterizzati e resi quindi stereofonici. Grandi bacchette: Stefan Soltész, Lamberto Gardelli, Gerd Albrecht, Sylvain Cambreling, Heinz Wallberg.



Una recensione analitica dei sei titoli e delle loro esecuzioni richiederebbe numerose pagine ed interesserebbe unicamente i lettori specializzati. Nel dare un colpo d’occhio ai sei titoli, si scoprono almeno due capolavori ignorati, soprattutto perché il pubblico ha preferito opere delle stesso contenuto di altri compositori, contemporanei ai loro autori: Don Giovanni di Cazzaniga e La Bohème di Leoncavallo.

La prima (su libretto di Giovanni Bertati) è andata in scena a Venezia solo sei mesi prima di quella di Mozart, la cui prima versione debuttò a Praga. Il libretto è molto simile a quello di Da Ponte, a differenza dell’opera di Mozart alterna numeri musicali con parti parlate, alcuni momenti, però, (ad esempio l’aria del catalogo di Pasquariello) hanno molte somiglianze con brani analoghi del lavoro di Da Ponte-Mozart (nello specifico, l’aria del catalogo di Leporello). E’ possibile che Da Ponte avesse assistito ad una rappresentazione del lavoro di Cazzaniga al Teatro San Moise a Venezia e ne avesse tratto ispirazione. A differenza dell’opera di Mozart, quella di Cazzaniga è una commedia e non ha il tratto demoniaco che le infuse il salisburghese. E’ un’opera che merita di essere prodotta, soprattutto si ha a disposizione un cast di voci giovani.



La seconda (su libretto dello stesso Leoncavallo) presenta una lettura differente del medesimo romanzo di Murger di quella di Puccini, andata in scena un anno prima a Torino. La suddivisione in quadri è solo leggermente diversa rispetto al lavoro pucciniano. Inoltre, il tenore è Marcello e Rodolfo il baritono. Il taglio drammaturgico e musicale è, però molto differente. Leoncavallo, che aveva fatto del “verismo” una bandiera identitaria, non offre un’interpretazione lirica e sognante dei bohémiens ma una cruda rappresentazione della loro povertà e solitudine nel mondo borghese e facoltoso che li circonda. Non manca un tocco politico: siamo nel 1897 e si avverte il socialismo che si avvicina per diventare protagonista nella vita italiana. Heinz Wallberg mostra a pieno queste caratteristiche: magnifica Lucia Popp nel ruolo di Mimì, allora giovanissima e morta anzitempo per un tumore al cervello.

Interessanti le altre quattro opere. La Armida , ultima opera di Dvořák, credo rappresentata solo in Boemia, ed anche lì raramente ma illumina sull’ultima stagione del compositore. Šārka di Fibich è piena di inventiva e ha ottimi colori orchestrali. Non mancano cenni alla scrittura wagneriana. Djanileh di Bizet è un lavoro giovanile che riflette lo stile orientaleggiante ed esotico dell’inizio del Novecento; molto buona la concertazione di Gardelli. Thèrese di Massenet è un dramma di una donna divisa tra fedeltà (al marito) ed amore (per un uomo giovane) negli anni della rivoluzione francese; eccellente Agnes Baltsa nel ruolo della protagonista.

Un piccolo scrigno con sei gioielli, di ineguale pregio, da ammirare e godere.