Quello delle migrazioni è un tema estremamente complesso. Per affrontarlo va necessariamente considerata una ampia gamma di fattori, anche in conflitto tra loro. Ne cito alcuni: la necessità di tenere insieme l’esigenza di garantire per quanto possibile la sicurezza del Paese, senza rinunciare alla naturale norma di civiltà che richiede di soccorrere, senza se e senza ma, quanti si trovino in pericolo di vita; la necessità di promuovere la sostenibilità di imprese che in questa ormai devastante stagione di inverno demografico hanno l’esigenza di reperire mano d’opera; la necessità, strettamente correlata alla precedente, di garantire la sostenibilità di un sistema di welfare piegato dal crollo delle nascite a cui si accompagna l’invecchiamento della popolazione. A questi elementi di oggettiva complessità si uniscono poi fattori che tendono a portare una riflessione già di per sé difficile entro gabbie ideologiche che ne inaspriscono i toni ed aumentano conflittualità e paura.
In tutto ciò cosa suggerisce la nostra esperienza di rete associativa di imprese ed opere sociali in cui tantissime di queste ultime sono coinvolte nel processo? Innanzitutto, se da un lato la dimensione della fraternità e della solidarietà che ne consegue impone a tutti un immediato aiuto agli ultimi, dall’altro noi dobbiamo fare tutto il possibile perché gli ultimi possano aspirare ad uscire dalla loro condizione per una reale integrazione nella società. Per questo si deve lavorare in modo integrato sui due fronti dell’accoglienza e dell’inclusione, sottolineando come quest’ultima vede nell’istruzione e nella formazione la via maestra da percorrere.
Non a caso opere sociali come Fondazione Progetto Arca, nate proprio per soccorrere gli ultimi degli ultimi, nel tempo abbiano sviluppato una filiera che prova a percorrere i passi dall’emergenza all’integrazione, attraverso soluzioni di accompagnamento sociale, housing, orientamento ed educazione al lavoro, fino a sviluppare partenariati con imprese e amministrazioni pubbliche finalizzate all’inserimento lavorativo. Oppure realtà formative come Piazza dei Mestieri che integra – nei fatti – in un percorso di formazione e lavoro numerosissimi stranieri, giovani e meno giovani. O ancora comunità educative come Kayros, che frequentemente sono l’unico rifugio sicuro per moltissimi minori stranieri non accompagnati, che spesso sono le prime vittime del traffico di esseri umani, sbarcando nel nostro Paese senza alcuna reale possibilità salvo delinquere.
Ciò premesso, vorrei concentrarmi su due punti chiave che emergono dalla nostra esperienza. Il primo riguarda il punto di vista delle imprese, che svolgono un ruolo importante nel garantire benessere e sicurezza sociale. È necessario che le leggi siano realistiche e praticabili, evitando eccessivi oneri burocratici, per consentire alle imprese di accedere a un capitale umano adeguato. Anche perché sappiamo bene che un lavoro degno favorisce l’inclusione e rafforza il tessuto sociale. A tale proposito bisognerebbe ricordare come anche gli italiani, un tempo migranti, abbiano contribuito alla crescita economica dei Paesi che li hanno accolti, spesso affrontando grandi difficoltà e discriminazioni. La nostra capacità di inclusione oggi, dunque, dovrebbe essere più efficace, supportata da risorse adeguate. Semplificando e riducendo il più possibile i vincoli burocratici che spesso hanno poco a che fare con la reale possibilità di applicazione delle norme stesse.
Il secondo punto tocca il soccorso immediato verso coloro che si trovano in pericolo, un aspetto fondamentale di una società davvero civile. Un coordinamento tra l’aiuto che viene dalle organizzazioni della società civile e le istituzioni è auspicabile, ma non deve sacrificare l’efficienza dei soccorsi. È fondamentale combattere la tratta di esseri umani contrastando l’immigrazione illegale, in gran parte governata dalla criminalità organizzata, ma senza perdere di vista il fatto che – appunto – si tratta di esseri umani. Accanto al dovere di proteggere la Repubblica, resta imprescindibile il dovere di salvare e accogliere chi è in pericolo immediato.
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