Oppenheimer (2023), di Christopher Nolan, è un biopic sul padre della bomba atomica, l’uomo che ha cambiato la storia. Se poi vinci, la storia la scrivi come la vuoi tu, e così hanno fatto gli Usa.
È oggettivo che lo sgancio delle due atomiche non avrebbe cambiato l’esito della guerra: il Giappone aveva già dato segni, anche politici, di resa, bastava continuare la negoziazione. Lo sgancio degli ordigni è stato un genocidio, non è una mia opinione, è la realtà. Si poteva benissimo evitare. Ma Truman guardava in avanti, era un segnale per la Russia, ma da lì in poi partì la Guerra fredda e la corsa agli armamenti nucleari.
E poi, c’è forse dell’altro. Possiamo ben supporre che le bombe atomiche non siano state buttate a casaccio. “La domanda è quindi inevitabile: come mai per la seconda ecatombe è stata scelta, tra tutte, proprio la città del Giappone (Nagasaki, ndr) dove il cattolicesimo, oltre ad avere la storia più gloriosa, era anche più diffuso e affermato?” Cardinale Giacomo Biffi in “Memorie e digressioni di un italiano Cardinale” (Cantagalli, 2010).
Non è una citazione tanto per sparare al complotto, Truman era un massone, e i vari Governi americani avevano alimentato prima d’allora situazioni in cui la Chiesa doveva essere combattuta (vedi guerra civile in Messico 1926-1929).
Nolan, dopo aver diretto molti film action, questa volta si è messo in gioco con la biografia di uno scienziato. Nel film si parla sempre e tanto. È la ricostruzione della vita di Robert Oppenheimer: i suoi inizi di studente, le prestigiose facoltà europee, lo studio della fisica quantistica portato negli Usa, la richiesta del Governo di progettare la bomba atomica, il suo sviluppo, la sua attuazione, lo scoramento e le inchieste contro di lui. Realisticamente il film non poteva stare sotto le tre ore. Il filo rosso è l’indagine di sicurezza del 1954, e l’udienza al Senato del 1959 in cui Oppenheimer viene messo in discussione come cospiratore della nazione.
Queste scene sono girate in bianco e nero leggermente sfocate, intercalate da quelle della vita dello scienziato: le sue donne, i colleghi, le riunioni con gli scienziati, la bomba, la distruzione del Giappone. Queste parti girate invece a colori. Nolan non ha studiato fisica, ma ha fatto sì che le discussioni scientifiche, nell’essenza, siano recepite anche da uno scarso come me. Come dicevo, il film è moto verboso, ma il tutto è molto serrato. Come è nello stile di Nolan, la narrazione perciò non è lineare e non si poteva fare altrimenti per renderla appassionante.
Il film è sicuramente un tentativo di riabilitazione della figura di Oppenheimer sia morale che politica, questa avvenuta già ufficialmente nel 1963 con il conferimento del premio Enrico Fermi da parte del Presidente americano Lindon Johnson. Accusato nel periodo di maccartismo di essere stato vicino ai comunisti e di aver tenuto in squadra un collega rivelatosi delatore dei segreti ai russi, fu inquisito, ma risultò che non fosse mai stato un cospiratore. Prima del progetto aveva condiviso le idee comuniste, anche se non si era mai iscritto al Partito comunista americano per avere libertà di azione. Dopo la tragedia giapponese osteggiò lo studio sugli armamenti all’idrogeno e si espresse per una negoziazione sugli armamenti con la Russia.
Oppenheimer sapeva a cosa serviva la bomba, che danni poteva provocare, ma dopo l’esplosione affermò: Io sento di avere il sangue sulle mie mani.
Nella vita si può cambiare idea, è positivo ciò, ma sono un po’ perplesso: era lampante che progettare una bomba di quel tipo e il suo utilizzo avrebbero portato alla morte di una moltitudine di persone, non sarebbe certo stata lasciata ad ammuffire in una base segreta. Che Oppenheimer fosse un ingenuo sullo scopo dell’utilizzo della bomba atomica e sul suo futuro? Sicuramente gli restò un enorme senso di colpa.
La scena finale è un’idea di Nolan, non è mai avvenuta. Oppenheimer ricorda la sua iniziale paura a Albert Einstein: il costruire la bomba poteva creare una reazione a catena con la conseguente distruzione del mondo e Einstein risponde: E allora? Oppenheimer: Penso che lo abbiano fatto.
Nolan ha messo insieme un cast super, cito i più importanti: Emily Blunt, Robert Downey Jr, Matt Damon, Ramy Malek, Kenneth Charles Branagh e Cillian Murphy. Quest’ultimo è al sesto film con Nolan, i tre di Batman, Inception, Dunkirk e, appunto, Oppenheimer e lo candiderei all’Oscar, grande la sua interpretazione.
Spezzo una lancia per Nolan anche se non ha bisogno di un mio sostegno. È un regista innovativo sia nelle sceneggiature e soggetti che nelle trasposizioni cinematografiche, ha riscosso delle grandi critiche tiepide per Inception, Interstellar e soprattutto Tenet, ma il suo essere visionario mi ricorda lo scrittore Philip K. Dick… e qui mi fermo.
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