Si ripete puntualissimo il consueto ‘valzer’ annuale sull’abolizione dell’ora legale che scatta esattamente a pochi giorni di distanza dal momento in cui saremo costretti a spostare – in questo specifico caso – avanti di un’ora le lancette degli orologi per guadagnare 60 minuti in più di luce durante le serate estive a scopi che sono (naturalmente) di natura economica: una misura che venne introdotta per la primissima volta durante gli anni bui delle guerre mondiali per permettere – grazie all’ora legale – alle fabbriche di lavorare un’ora in più senza dover necessariamente ricorrere alla limitata energia elettrica; poi divenuta stabile solamente dal 1966 e mai più ritirata, alternata all’ora solare che rappresenta quella ‘ufficiale’ rispetto alla rotazione terreste.
Quest’anno il ritorno all’ora legale scatterà solamente durate le primissime ore di domenica 30 marzo quando – appunto – perderemo un’ora di sonno perché gli orologi passeranno automaticamente dalle 2:00 alle 3:00 di notte; il tutto con un risparmio nella bolletta elettrica misurabile sull’ordine delle svariate migliaia di euro (1,5 miliardi in totale tra il 2004 e il 2018) che si ripercuote anche sulle emissioni di Co2 che nei periodi di ‘ora estiva’ – come molti la chiamano ancora oggi – si riducono di circa 250mila tonnellate.
Come procede la proposta di abolizione dell’ora legale: le discussioni UE bloccate dal 2019 e (quasi) revocate
Al di là degli effetti – certamente positivi – dell’ora legale rispetto alle nostre piccole economie domestiche, al contempo sono moltissimi a ritenere che l’ora di sonno persa abbia influenze concrete sulla salute dei cittadini, con alcuni che per diversi giorni lamentano difficoltà a prendere sonno e concentrarsi: proprio per queste si era giunti al punto in cui – nel 2019 – il tema dell’abolizione del cambio dell’ora raggiunse le sedi europee, forte anche del sostegno dei paesi del Nord che ritengono (essendo di fatto maggiormente esposti alla luce solare) inutile il ricorso all’ora estiva.
Il tema ottenne inizialmente il sostegno dell’UE, tanto che entro il 2021 era stata data l’indicazione ai paesi di scegliere se abolire o mantenere l’ora legale, ma ci pensò poi la votazione in sede del Consiglio europeo a bloccare l’abolizione per via dell’assenza di una maggioranza: da quel momento – complice anche il Covid – la discussione è stata letteralmente bloccata, al punto che a febbraio di quest’anno la Commissione aveva anche inserito tra gli obiettivi della legislatura di scartare definitivamente la proposta; salvo poi eliminare la dicitura – per ragioni mai chiarite – dalla versione finale del documento.
Dal punto di vista italiano – invece – già nel 2019 (e da quel momento non sembra che ci siano stati reali passi indietro o avanti rispetto a questa posizione) venne espresso un pieno sostegno all’alternanza tra ora legale e solare proprio in virtù dei già citati benefici dal punto di vista economico: in termini prettamente pratici – in via diametralmente opposta rispetto ai paesi del Nord – è proprio la cintura mediterranea a godere maggiormente di quello spostamento delle lancette essendo più vicino all’Equatore e ‘distante’ dal sole estivo.