IL PIANO ORBAN PER CAMBIARE LA UE (SFIDANDO VON DER LEYEN): “COSÌ NON VA BENE, RIPARTIAMO DALLA COMPETITIVITÀ”

Del discorso di Viktor Orban oggi al Parlamento Ue non rimarrà solo il “flashmob” degli eurodeputati di The Left intonando “Bella Ciao” per attaccare il Premier d’Ungheria, considerato “la bestia nera fascista” dell’Europa: la “ricetta” lanciata dal Presidente di turno del Consiglio Ue è un continuo di quanto affermato solo domenica scorsa dal palco di Pontida per il raduno della Lega.



Migranti, sicurezza, agricoltura, transizione “non così verde” e soprattutto competitività: questi i capisaldi di Orban per provare a cambiare un’Europa che da troppi anni è ferma se non del tutto involuta su molti fronti. Anche l’accenno sulla politica estera con la guerra in Ucraina ha poi riservato un momento di forte impatto ma ne rimandiamo il focus al paragrafo che trovate qui sotto: ora serve concentrarsi su quanto ha detto Orban e su cosa già a maggioranza Von der Leyen sta contestando al leader ungherese.



È l’agenda Draghi sulla competitività il main theme del Premier venuto da Budapest, trovando qui qualche sponda anche negli ex alleati del PPE: l’Europa, spiega Orban, continua a perdere competitività con gli altri partner internazionali e rischia seriamente di morire come progetto politico ed economico, «in tempi come questi è nostro dovere mostrare al Parlamento Europeo la via: l’Europa deve cambiare». Per questo motivo ben vengano le ricette del piano Draghi ma da sole non possono bastare per cambiare marcia nel Vecchio Continente: sui migranti ad esempio Orban indica la rotta seguendo quanto di fatto già compiuto dal Governo italiano, «servono hotspot esterni», ravvisa il Premier ungherese infischiandosene se questo significa passare per «idiota o malvagio». Secondo Orban la politica migratoria Ue ha dimostrato di non funzionare, con l’immigrazione illegale che ha aumentato in questi anni «antisemitismo, violenza sulle donne e anche l’omofobia». La soluzione è fare entrare in Europa solo chi è autorizzato e per farlo serve creare un vero e proprio sistema Schengen con la partecipazione dei capi di Stato e di Governo.



LO SCONTRO ORBAN-UE SULLA GUERRA IN UCRAINA: “AMMETTETELO, STIAMO PERDENDO A KIEV MA NON LO DITE. ECCO COSA FARE ORA”

Sulle politiche ambientali Orban si è dimostrato nettamente all’opposizione – così come il suo partito europeo dei Patrioti (di cui fanno parte Lega e Marine Le Pen) – rispetto alla Commissione Von der Leyen, provando a sferzare la platea dell’Europarlamento con concetti chiari e netti: «Con il Green Deal avremmo dovuto creare molti posti di lavoro, però la decarbonizzazione potrebbe portare alla riduzione della produzione economica e dell’occupazione». Per questo motivo serve trovare un’alternativa sensata, pensando che la transizione verde non sia per forza l’unica via soluzione, se non accompagnata da politiche industriali ed economiche che non lascino imprese e cittadini al palo.

È però alla fine sulla guerra in Ucraina che si consuma il vero scontro di giornata tra l’Eurcamera riunita in plenaria per ascoltare le proposte del Presidente di turno del Consiglio Ue: con il leader PPE Weber che contesta al discorso di Orban di non aver accennato al tema ucraino, la replica del Presidente ungherese è drastica. «Bisogna che ci sia il coraggio necessario per ammettere che stai per perdere. E stiamo effettivamente perdendo in Ucraina»: l’Europa dice il contrario, racconta che vi sia possibilità di battere la Russia di Putin, ma secondo Orban non è così e occorre ammetterlo al più presto. Piuttosto, conclude il leader di Fidesz, per poter vincere occorre cambiare strategia finora rimasta perdente: «Ci deve essere un’attività diplomatica e una comunicazione diretta o indiretta», che tradotto significa cessate il fuoco e negoziazioni aperte con Kiev e Mosca per concludere all’istante il conflitto con una discussione sui territori divisi. È Von der Leyen ad intervenire subito dopo relegando la proposta orbaniana come pessima e in grado di invitare russi e cinesi in Ue senza alcun ostacolo: «c’è ancora qualcuno che attribuisce la colpa di questa guerra non all’invasore, ma all’invaso», rintuzza la Presidente Ue con chiaro riferimento al vicino Orban.