Al processo dialogico qui delineato – alla base delle vecchie organizzazioni internazionali liberali/neoliberali – si contrappone storicamente, in Occidente, il processo dialettico (derivato dal pensiero hegeliano), che descrive l’interazione e la risoluzione tra più paradigmi o ideologie, una soluzione putativa stabilisce il primato sulle altre.



L’obiettivo di un processo dialettico è fondere punto e contrappunto (tesi e antitesi) in un compromesso o in un altro stato di accordo tramite conflitto e tensione (sintesi). Sintesi che evolve dall’opposizione tra tesi e antitesi. Esempi di processo dialettico si possono trovare nella Repubblica di Platone.

Invece, in Asia le modalità di pensiero non sono né aristoteliche, né platoniane, né tantomeno hegeliane. La mentalità asiatica è deterministica ed empirista, fondata su un linguaggio esplicito, oggettivo e reale. In qualche modo più vicina della nostra al pensiero della Grecia antica, dove l’osservazione è alla base del pensiero. Recenti studi di antropologia, psicologia e storia hanno potuto osservare queste distinzioni negli studi sull’identità personale, l’identità nazionale e l’identità di gruppo, riscrivendo così la storia dell’umanità. Su queste basi sono nate delle nuove organizzazioni internazionali nel XXI secolo.



La Sco (Shanghai Cooperation Organisation), nata nel 2001, non deriva da un’ideologia, ma si fonda sull’esperienza storica dei processi sociali di sviluppo comuni a molti paesi del mondo. La Sco è statutariamente collettiva e vestfaliana (indipendenza, sovranità, integrità territoriale di ciascun membro), dichiaratamente onusiana (secondo i princìpi di uguaglianza e reciproco vantaggio, risoluzione di tutte le questioni attraverso consultazioni reciproche, non interferenza negli affari interni, non uso o minaccia di uso della forza militare e rinuncia alla superiorità militare unilaterale nelle aree limitrofe), non è un’alleanza, ma un quadro operativo aperto agli Stati e alle altre organizzazioni internazionali che volontariamente desiderino partecipare. Infine, in linea con le tendenze dell’era moderna e gli interessi fondamentali dei popoli di tutti gli Stati membri, la Sco è gestita con un metodo consultativo/collaborativo/partecipativo decentralizzato, che ha l’obiettivo comune di sostenere l’enorme potenziale e le ampie possibilità di cooperazione reciprocamente vantaggiosa degli Stati membri nel settore del commercio e dell’economia, nella stabilità e nella sicurezza, e in altri settori che saranno comunemente identificati.



Nonostante le evidenti differenze di metodo e di governance, le vecchie organizzazioni internazionali liberali/neoliberali e la Sco hanno un comune obiettivo: promuovere un ambiente stabile e sicuro nel quale far progredire il progresso dell’umanità. Tuttavia, è bene evidenziare che per i liberali/neoliberali il progresso è principalmente economico ed è incentrato sulle libertà/diritti individuali, invece per la Sco il progresso è funzione del benessere delle collettività umane che beneficiano dello sviluppo frutto della cooperazione economica e commerciale.

Questa significativa differenza non mette in discussione il modo capitalistico di produzione della ricchezza, ma si concretizza nelle scelte di policy.

Nel quadro liberale/neoliberale lo Stato è senza ricchezza, e la ricchezza è senza Stato (spiazzando i convincimenti filosofici ed economici del noto scozzese del XVIII secolo).

Nel quadro della Sco, o meglio dei suoi Stati membri, la ricchezza senza Stato è inconcepibile, perché moralmente e socialmente nefasta. Mentre le organizzazioni internazionali liberali/neoliberali insistono sulla creazione di debito e deficit statali per promuovere lo sviluppo economico, ma tacciono sulle conseguenze di dipendenza e sottomissione che il debito comporta, l’approccio dei membri dello Sco è invece incentrato su esperienze di decentramento egalitario e di federalismo orizzontale.

Come sappiamo, nel primo caso la povertà è strutturale al sistema; invece, nel secondo la povertà può e deve essere estirpata.

A questo proposito torna utile leggere il bel libro di David Graeber Il debito. I successi della Cina, che negli ultimi quarant’anni ha fatto uscire dalla povertà 800 milioni di persone, sono riconosciuti dalla Banca mondiale, e l’India sta compiendo passi avanti molto importanti attraverso l’identificazione biometrica dei cittadini con il programma Aadhaar (il più grande e sofisticato al mondo, sempre secondo la Banca mondiale), che permette anche di ricevere direttamente sullo smartphone le sovvenzioni pubbliche per ridurre la povertà.

Per evitare la catastrofe evocata dal Segretario generale dell’Onu riflettiamo bene sulla realtà e sulle conseguenze che scelte ideologiche possono avere sul pianeta e sull’umanità. Un secolo fa, l’intellettuale francese René Guenon mise in guardia contro una civiltà occidentale eccessivamente materialistica e individualista; pochi decenni dopo, lo storico Arnold Toynbee ha chiarito che l’Occidente non poteva fingere di essere l’unico modello da seguire.

(3 – fine)

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