La Cina accusa gli Stati Uniti di aver diffuso bugie sul coronavirus e la gestione cinese dell’emergenza a partire dai casi di Wuhan, mentre da New York trapela un dossier secondo cui Pechino avrebbe provato a rubare il vaccino agli Usa. Le tensioni hanno ormai raggiunto livelli altissimi, soprattutto ora che emerge questo allarme che FBI e Homeland Security si apprestano a lanciare. Lo rivela il New York Times, secondo cui hacker cinesi sarebbero a lavoro per rubare i segreti della lotta contro il coronavirus. E non sarebbero neppure gli unici, perché ci sono una decina di Paesi pure, tra cui l’Iran e lo storico alleato Usa, la Corea del Sud. Così pure nazioni estranee a questo tipo di attività, come il Vietnam. Nel dossier si parla di studenti e ricercatori attivi negli Usa istruiti da Pechino per rubare dati nei laboratori dove vengono condotte le principali ricerche. Nei giorni scorsi hacker iraniani sono stati sorpresi mentre provavano a violare Gilead, la casa produttrice del farmaco Remdesivir che è da molti ritenuto uno dei più efficaci contro il coronavirus e approvato 10 giorni fa dalla Food and Drug Administration. (agg. di Silvana Palazzo)



CINA VS USA: DA ORIGINE CORONAVIRUS A LABORATORIO WUHAN

Si infiamma lo scontro tra Cina e Usa per il coronavirus. Pechino ha deciso di replicare punto per punto a quelle che considera «24 bugie e accuse assurde» dei politici americani. Lo ha fatto con un lungo documento, diffuso dal ministero degli Esteri dopo una conferenza stampa infuocata e dedicato alla gestione dell’emergenza coronavirus. L’obiettivo degli Stati Uniti, si legge nel testo, è di «riversare sulla Cina le accuse per la loro risposta inadeguata alla pandemia di coronavirus», quindi la Cina è «una vittima della disinformazione». Interessante anche il fatto che il documento abbia un “prologo” che cita Abraham Lincoln. «Come diceva Lincoln, potete ingannare tutti per un po’ di tempo e qualcuno per sempre, ma non tutti per sempre». Nel documento, che fa riferimento a studi scientifici e dichiarazioni dell’Oms, si parte dall’accusa sull’origine del coronavirus e dalle espressioni di Donald Trump e Mike Pompeo che parlano di «virus cinese» e «virus di Wuhan». La Cina allora precisa: «Essere stati i primi a segnalare il virus non significa che Wuhan ne sia l’origine. In realtà l’origine non è stata ancora identificata».



CINA CONTRO USA, MA ARRIVA BORDATA DA GERMANIA…

Si parla anche del laboratorio di Wuhan, accusato di aver manipolato il coronavirus. Ma la Cina precisa che «tutte le evidenze a disposizione mostrano che il Sars-CoV-2 è di origine naturale» e che il laboratorio non è in grado di sintetizzare il nuovo coronavirus. Per quanto riguarda i tempi di diffusione delle informazioni del virus, viene fornito un calendario per dimostrare che la Cina ha agito in modo «tempestivo, aperto e trasparente». C’è pure un riferimento a Li Wenliang, medico che per primo ha lanciato l’allarme sull’epidemia di coronavirus e che è morto dopo essersi ammalato a causa del coronavirus. «Non era un whistleblower», precisa Pechino nel documento di 30 pagine e 11mila parole. E spiega che non è mai stato arrestato. Nel testo si citano i resoconti dei media secondo cui gli americani erano stati infettati prima che il primo caso fosse confermato a Wuhan, ma non ci sono prove a riguardo. Eppure, c’è un report degli Bundesnachrichtendienst, l’agenzia di intelligence tedesca, citato dal Der Spiegel, secondo cui il tentativo iniziale della Cina di trattenere le informazioni è costato al mondo da 4 a 6 settimane che sarebbero servite per prepararsi meglio.



Il giornale tedesco Der Spiegel ha parlato di una telefonata del 21 gennaio da parte del presidente cinese Xi Jinping in persona al direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, a cui avrebbe chiesto di «ritardare l’allarme globale» e di tenere nascosta la notizia della trasmissione da uomo a uomo del virus in cina. Ma l’Organizzazione mondiale della Sanità ha smentito queste indiscrezioni.