Mentre si è chiuso il G20 di Roma con un passo avanti nella diplomazia mondiale su tasse, clima e vaccini, la distanza e la “guerra” su svariati fronti che intercorre le due maggiori potenze mondiali – Cina e Usa – non accenna a diminuire nonostante gli sforzi diplomatici di entrambi i Paesi.
Già la mancanza di Xi Jinping a Roma ha ravvisato una voluta “fredda” accoglienza della Cina per i propositi lanciati da Usa-Ue: quando poi è stato chiesto al portavoce del ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin, in merito al rapporto dell’Office of Director of National Intelligence (Odni) sull’origine del Covid-19, ecco che la risposta ha lasciato di sasso i cronisti presenti. «Una bugia ripetuta mille volte è pur sempre una bugia. Non importa quante volte il rapporto venga pubblicato o in quante versioni arrivi: non cambierà il fatto che questo rapporto è, in sostanza, politicizzato e falso, privo di basi scientifiche e di credibilità», dice senza molti giri di parole il diplomatico di Pechino.
IL RAPPORTO SUL COVID E TAIWAN I PUNTI DOLENTI
Nel rapporto sorto dopo i risultati tutt’altro che soddisfacenti avuti con il precedente report OMS ha evidenziato come tanto l’ipotesi della trasmissione del coronavirus da animale ad essere umano, quanto quella di una fuga di laboratorio sono entrambe plausibili. Il portavoce del Ministro Wang Yi ha dunque aggiunto rispondendo al mittente le accuse di responsabilità “dolosa”: «Lo studio sulle origini del Coronavirus è un tema scientifico serio e complesso è può essere realizzato solo dagli scienziati attraverso una cooperazione globale». L’origine del Covid, la situazione potenzialmente detonante in Corea del Nord e Taiwan rappresentano ad oggi una distanza ancora difficilmente incolmabile tra Cina e Stati Uniti: l’accordo al G20 su emissioni e “minimum global tax”, seppur importanti, non riescono ancora a “chiudere” la contesa ormai infinita tra le due massime superpotenze economiche mondiali.