Cos’è successo a Wuhan? Milioni di persone sono morte a causa della pandemia Covid e ancora non si sa quale sia la sua origine. Le teorie sono due: la prima è che abbia avuto un’origine “naturale”, l’altra che sia frutto di un incidente in laboratorio a Wuhan. Al momento non ci sono prove dirette per nessuna delle due, ma solo indizi. Tanti i dubbi, come quelli emersi sulla lettera pubblicata su Lancet, a cui ha preso parte Peter Daszak, presidente della EcoHealth Alliance di New York, organizzazione che ha finanziato la ricerca sui coronavirus proprio all’Istituto di virologia di Wuhan. Un conflitto di interessi per il giornalista scientifico Nicholas Wade, che nei giorni scorsi ha pubblicato un approfondimento sul tema che sta facendo molto discutere negli Stati Uniti. Un’altra lettera è stata pubblicata su Nature Medicine, da parte di un gruppo di virologi guidati da Kristian G. Andersen dello Scripps Research Institute, secondo cui dalle loro analisi era emerso in maniera chiara che Sars-CoV-2 non è un virus manipolato, perché non vi sono prove di una manipolazione. D’altra parte, Wade ricorda che esistono approcci che permettono di non lasciare segni. «Se un virus è stato manipolato, sia con un metodo senza soluzione di continuità che con il passaggio seriale, non c’è modo di saperlo».
Non è però stato ancora individuato l’animale con il quale è avvenuto il salto di specie, motivo per il quale resta in piedi l’ipotesi della “fuga” dal laboratorio di Wuhan. Del resto, esistono i cosiddetti esperimenti di gain-of-function con cui i virus vengono “potenziati”. Nicholas Wade nel suo approfondimento ha ricercato che i ricercatori dell’Istituto di virologia di Wuhan si sono spesso recati nelle grotte dello Yunnan, nel sud della Cina, dove hanno raccolto centinaia di campioni di coronavirus di pipistrello. Shi Zheng-li ha poi collaborato con Ralph S. Baric dell’Università del North Carolina per migliorare la capacità del virus di pipistrello di attaccare gli esseri umani per esaminarne il potenziale di infezione degli stessi. Per questo nel novembre 2015 è stato creato un virus chimera, sostituendo la proteina Spike del virus Sars1 con una di pipistrello (noto come SHC014-CoV). Inoltre, Wade ha spiegato che nell’Istituto di Wuhan Baric aveva sviluppato un metodo per ingegnerizzate i coronavirus di pipistrello per attaccare altre specie. Shi Zheng-li ha poi condotto studi sull’ingegneria genetica dei coronavirus che sono stati finanziati dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), una parte degli US National Institutes of Health (NIH). La sfida era creare nuovi coronavirus con la massima infettività possibile.
ORIGINE COVID: GLI ESPERIMENTI IN LABORATORIO
Nicholas Wade non si è sbilanciato al punto tale da accusare Shi Zheng-li di aver creato Sars-CoV-2, anche «perché i suoi documenti sono stati sigillati, ma sembra che fosse certamente sulla strada giusta per averlo fatto». Dello stesso parere Richard H. Ebright, un biologo molecolare della Rutgers University e uno dei principali esperti di biosicurezza: «È chiaro che l’Istituto di virologia di Wuhan stava sistematicamente costruendo nuovi coronavirus chimerici e stava valutando la loro capacità di infettare le cellule umane e i topi che esprimono l’ACE2 umano». Per Ebright questo lavoro potrebbe aver portato alla nascita del nuovo coronavirus o del suo progenitore. Lo stesso Peter Daszak in un’intervista del 9 dicembre 2019 dichiarò che «i coronavirus si possono manipolare in laboratorio abbastanza facilmente» e che una volta fatto si può usare la proteina spike per arrivare ad un vaccino. Pochi giorni dopo è scoppiata la pandemia Covid che ha cambiato le nostre esistenze. La cosa strana per Nicholas Wade è che non si sia subito esposto per «fornire alle autorità sanitarie pubbliche le abbondanti informazioni a sua disposizione», invece ha subito spinto per la teoria dell’origine naturale.
IL LABORATORIO DI WUHAN
Nicholas Wade ha ricordato anche i precedenti di virus “scappati” dal laboratorio di Wuhan, anche per quanto riguarda il virus Sars1. «Si è dimostrato un vero artista della fuga, fuoriuscendo dai laboratori di Singapore, Taiwan, e non meno di quattro volte dall’Istituto Nazionale Cinese di Virologia di Pechino». Non a caso sono richiesti altissimi livelli di sicurezza in laboratorio. L’Istituto di virologia di Wuhan, che aveva un laboratorio BSL4 (quindi col livello più restrittivo), aveva «una grave carenza di tecnici e investigatori adeguatamente formati necessari per operare in sicurezza questo laboratorio ad alto contenimento». Inoltre, gran parte del lavoro svolto sul gain-of-function sarebbe stato eseguito al livello di sicurezza BSL2, come dichiarato dalla stessa Shi Zheng-li a Science. Secondo un documento emesso il 15 gennaio 2021 dal Dipartimento di Stato Usa, «il governo degli Stati Uniti ha ragione di credere che diversi ricercatori all’interno del WIV si siano ammalati nell’autunno 2019, prima del primo caso identificato dell’epidemia, con sintomi coerenti sia con il COVID-19 che con comuni malattie stagionali». L’ex consulente del Dipartimento di Stato David Asher ha spiegato che tre persone che lavoravano in un laboratorio BSL3 dell’istituto si erano ammalate ad una settimana di distanza l’una dall’altra con sintomi che hanno poi richiesto il ricovero. Questo è considerato il primo cluster. Ma non ci sono prove concrete perché non è possibile accedere ai registri del laboratorio di Wuhan.
IL REBUS DEL TAGLIO DELLA FURINA
C’è poi la questione del taglio della furina, che esercita una grande influenza sull’infettività del virus. Si trova al centro della proteina spike di Sars-CoV-2 e dell’enigma sull’origine della pandemia Covid. Una particolarità del nuovo coronavirus è che il sito del taglio della furina sia lo stesso, mentre negli altri virus cambia. O c’è stata un’evoluzione naturale o è stato inserito dai ricercatori in un esperimento di gain-of-function, spiega Nicholas Wade. Del resto è un meccanismo già noto nella comunità scientifica. «Almeno 11 esperimenti di gain-of-function, aggiungendo un sito di furina per rendere un virus più infettivo, sono pubblicati nella letteratura aperta, compreso quello di Zhengli Shi, capo della ricerca sui coronavirus all’Istituto di virologia di Wuhan», osserva Steven Quay, imprenditore biotech interessato alle origini della SARS2. «Quando ho visto per la prima volta il sito di scissione della furina nella sequenza virale, con i suoi codoni di arginina, ho detto a mia moglie che era la pistola fumante per l’origine del virus», il parere di David Baltimore, virologo ed ex presidente del CalTech. C’è però chi non esclude l’ipotesi che non ci sia un animale intermedio e che il nuovo coronavirus sia passato direttamente dai pipistrelli agli esseri umani, ma non ci sarebbe comunque spiegazione alle tante anomalie emerse.