La Cina ha alzato un muro contro chi vuole indagare sull’origine della pandemia Covid, ma così potrebbe aver fatto un “favore” agli Stati Uniti. A svelare il retroscena è L’Espresso, secondo cui una vera inchiesta autonoma e trasparente su Sars-CoV-2 metterebbe in evidenza il coinvolgimento, ad esempio, dell’amministrazione di Donald Trump, che ha abbondantemente finanziato gli esperimenti di “gain of function” dei coronavirus dei pipistrelli eseguiti dall’Istituto di Virologia di Wuhan. Quella collaborazione ha permesso agli scienziati di proseguire ricerche che il predecessore Barack Obama aveva vietato negli Usa in virtù della loro pericolosità. Ma rischia di imbarazzare anche il presidente francese Emmanuel Macron. Il settimanale cita documenti che sono stati rimossi dai siti cinesi, ma di cui è entrata in possesso, che non solo testimoniano la stessa collaborazione dell’Istituto di Virologia di Wuhan col programma di ricerca sui coronavirus dell’esercito popolare, che è stata sempre smentita da Pechino.



Quei documenti rivelano anche che il vicedirettore di uno dei due comitati internazionali che avrebbero dovuto sorvegliare l’attività scientifica, anche dopo lo scoppio della pandemia, era Hervé Raoul, condirettore del laboratorio Jean Meriuex di Lione.

ORIGINE COVID, LE CARTE DE L’ESPRESSO

L’Espresso rivela anche che l’Istituto nazionale della salute e della ricerca medica (Inserm) aveva addestrato i ricercatori di Wuhan a operare nel nuovo laboratorio di biosicurezza nazionale costruito dalla Francia. Tra loro l’ormai famosa professoressa Shi Zhengli, vicedirettrice del laboratorio cinese. Ma a sorprendere è il fatto che del comitato accademico del laboratorio di biosicurezza nazionale di Wuhan facciano parte alcuni scienziati che hanno dichiarato di non sapere di farne parte, quindi “l’istituto di Wuhan avrebbe dichiarato il falso”. Spicca anche il professor Christian Bréchot, che tra le altre cose è presidente dell’Istituto Pasteur di Parigi. “Sebbene loro possano aver mantenuto il mio nome sulla lista del loro comitato consultivo, io non sono in contatto con l’Istituto di virologia di Wuhan dagli anni intorno al 2012”, la sua risposta all’Espresso che poi cita un articolo firmato da Shi Zhengli e il collega americano Peter Daszak, realizzato con Linfa Wang da Singapore e altri 14 ricercatori cinesi, pubblicato su Plos Pathogens. “Abbiamo fabbricato un gruppo infettivo di cloni con la struttura del coronavirus WIV1 e varianti dei geni della proteina S spike di otto differenti SARSr-CoV dei pipistrelli”, scrissero a pagina 11.



GLI ESPERIMENTI SULL’ASSE USA-CINA

Solo due cloni riuscivano a replicarsi nelle colture cellulari con un nuovo coronavirus appena isolato. “Per valutare se i tre nuovi SARS-CoV possono usare l’enzima umano Ace2 come recettore cellulare di ingresso, abbiamo condotto studi di infettività virale usando cellule umane (HeLa cells) con e senza l’espressione dell’enzima Ace2 umano. Tutti i virus replicano efficientemente nelle cellule umane che esprimono l’enzima Ace2”. Questo vuol dire che i due cloni costruiti in laboratorio potevano infettare l’uomo direttamente. Dieci mesi dopo Donald Trump ha nuovamente autorizzato gli esperimenti. Dietro l’indagine non ci sono solo i fondi statali cinesi, ma anche l’Istituto nazionale per le allergie e le malattie infettive diretto da Anthony Fauci, all’interno dei National Institutes of Health, e l’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale (USAID). Per questi finanziamenti, con cui hanno aggirato il divieto di Obama agli esperimenti di “gain of function”, Anthony Fauci è stato accusato durante un’audizione di luglio dal senatore Rand Paul di aver mentito al Congresso. Proprio quegli studi andavano indagati per primi per fare chiarezza sull’origine della pandemia Covid.



GAP GEOGRAFICO DIETRO L’IPOTESI “INNATURALE”

In quello di Shi Zhengli e Peter Daszak si conferma l’interesse dell’Istituto di Virologia di Wuhan nella capacità dei virus dei pipistrelli di ricombinarsi tra loro dando origine a nuovi coronavirus. Infatti, i geni di Sars-CoV-2 sono imparentati con tre coronavirus dei pipistrelli. Di questi, due nel 2018 sono stati registrati dal comando dell’Istituto di medicina militare di Nanchino e dalla Terza Università medica militare di Chongqing. Il terzo è stato registrato solo nel 2020, a epidemia già scoppiata. Ma i primi due geni e il terzo sono stati prelevati da posti molto lontani tra loro, quindi non dovrebbe esserci una correlazione tra Sars-CoV-2 e questi geni. Per il professor Massimo Ciccozzi, dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, la spiegazione sta proprio nella manipolazione, che però si può nascondere con metodi più recenti, chiamati seamless, cioè senza cucitura. “Se un virus è stato manipolato, con un metodo seamless o tramite un passaggio seriale nelle colture cellulari, non c’è modo di saperlo. Nemmeno l’evoluzione guidata attraverso un passaggio seriale negli animali lascia tracce”. Quest’ultimo è un procedimento in cui pipistrelli o animali da serbatoio provenienti da zone diverse convivono e si selezionano i coronavirus generati dalla ricombinazione per guidarne l’evoluzione. “È il gap geografico di Sars-CoV-2 a suggerire oggi un’ipotesi innaturale sulla sua origine”, la conclusione di Fabrizio Gatti sulle colonne de L’Espresso.