«Errori involontari», li ha definiti così l’Organizzazione mondiale di sanità. Ci riferiamo a quelli presenti nel report congiunto con la Cina riguardo l’origine della pandemia Covid. Li aveva evidenziati il Washington Post, a cui l’Oms ha garantito che esaminerà anche altri possibili discrasie. Ma di quali errori si tratta? Riguardano i primi casi di coronavirus. Il primo gruppo familiare non era legato al mercato dei frutti di mare di Huanan, a Wuhan. Non ha però chiarito perché una mappa mostra che il primo caso è localizzato ad un lato del fiume Yangtze, mentre il governo di Wuhan sull’altro lato, nel distretto di Wuchang. Il portavoce dell’Oms Tarik Jasarevic ha spiegato in una e-mail mandata al Washington Post che la questione di dove vivesse il primo paziente Covid non è rilevante per le ipotesi in essere sull’origine del Covid. La questione non è importante, in quanto «l’attuale primo paziente noto molto probabilmente non è il primo caso». Ciò apre peraltro scenari molto importanti riguardo l’origine di Sars-CoV-2 e soprattutto quello che sappiamo (o non ancora sappiamo) sulla pandemia e i suoi inizi.



Tarik Jasarevic comunque ha assicurato che gli errori presenti nel report sono «di editing», che stanno già provvedendo a correggere, e che questi non hanno condizionato «il processo di analisi dei dati, né le conclusioni». Se l’Oms ha fornito una risposta, la Commissione nazionale della Sanità cinese e il Wuhan Center for Disease Control and Prevention invece non hanno risposto alle richieste di commento.



OMS VS CINA SU ORIGINE COVID E REPORT

La necessità di correggere dati mesi dopo la pubblicazione di un report, peraltro nel secondo anno della pandemia Covid, rinnova le domande riguardanti la lenta e complessa ricerca delle origini della stessa. «Abbiamo bisogno di maggiori spiegazioni su quale sia stata la fonte dell’errore e delle informazioni. Chi ha commesso gli errori? È stata la Cina, è stata la squadra, è stata la stessa Oms? Non c’è chiarezza, e questo alimenta la sfiducia della gente nell’integrità e nel rigore dell’indagine sulle origini», ha dichiarato al Washington Post il professor Lawrence Gostin, che insegna diritto sanitario globale alla Georgetown University e fornisce assistenza tecnica all’Oms. L’agenzia ha confermato che il primo caso ufficiale, il paziente S01, era un uomo di 41 anni, ma il genoma del virus che era stato riscontrato presentava una sequenza diversa nel rapporto, cioè a quello di un uomo di 61 anni. Tarik Jasarevic ha spiegato che l’Oms sta ora cercando di capire perché il database del China National Genomics Data Center (NGDC) indica che il primo caso ha cominciato a mostrare sintomi il 16 dicembre 2019, una settimana dopo l’inizio invece indicato nel rapporto Oms.



VERSO NUOVA INDAGINE SU ORIGINE COVID?

La mancanza di chiarezza sul primo caso registrato pone una domanda molto importante: potrebbe essere stato qualcuno di diverso dal venditore di frutti di mare del mercato di Huanan. Un aspetto non di poco conto quando si indaga sull’origine di una pandemia. Infatti, l’Oms ha spiegato che il primo gruppo familiare di casi a Wuhan non ha avuto alcuna esposizione al mercato di frutti di mare di Huanan, anche se una donna era stata in altri mercati. Ieri il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreye ha espresso preoccupazione sul livello di trasparenza della Cina, chiedendo un’indagine più approfondita sull’origine del Covid. Ma la Cina respinge le accuse di non aver condiviso i dati grezzi necessari, insistendo di aver dato accesso adeguato agli esperti quando si sono recati sul posto. Inoltre, ha definito «assurda» la teoria che il coronavirus sia “sfuggito” dal laboratorio di Wuhan e ha avvertito che «politicizzare» la questione può ostacolare le indagini. Ma l’Oms dal canto suo tira dritto e valuta una nuova ricerca.