A tre anni dall’inizio della pandemia Covid, prosegue la ricerca sull’origine del coronavirus. Le ipotesi principali sono due, entrambe dibattute: dall’origine naturale, secondo cui Sars-CoV-2 sarebbe proveniente dai pipistrelli, o la fuga accidentale di un virus modificato in laboratorio. Il dibattito sta diventando aspro anche nella comunità scientifica. Due studi internazionali pubblicati alla fine di luglio 2022 sulla rivista Science sono stati accolti da una parte della comunità scientifica come prove importanti a favore di un’origine zoonotica del coronavirus, col mercato Hunan di Wuhan, in Cina, come punto di partenza. Ma molti ricercatori intervistati da Le Monde ritengono questi lavori inconcludenti e soggetti ad una serie di pregiudizi. “Ci sono enormi lacune nei dati, perché sappiamo che all’epoca c’erano molti più casi di Covid a Wuhan, la cui localizzazione non ha potuto essere presa in considerazione in questo lavoro“, ha dichiarato ad esempio il virologo Simon WainHobson dell’Istituto Pasteur.



Stessa obiezione del collega Marc Eloit: “Ciò che questi due studi sembrano dimostrare è che il mercato ha avuto un ruolo nell’epidemia, ma da nessuna parte si evince che il serbatoio virale da cui si è diffuso il Sars-CoV-2 fosse effettivamente un serbatoio animale“. C’è poi un altro studio sui primi casi segnalati a Wuhan, pubblicato a novembre sulla rivista Environmental Research, nel quale la biologa Virginie Courtier-Orgogozo dell’Institut Jacques-Monod (CNRS) sostiene uno scenario in cui è più probabile che le trasmissioni siano avvenute tra gli esseri umani nelle aree chiuse del mercato, come sale da mahjong, bagni o mense, piuttosto che da animali infetti. Questo studio di sicuro conferma la tesi che il mercato abbia svolto il ruolo di amplificatore, mentre sull’origine non fornisce ulteriori elementi, perché i dati epidemiologici relativi a questi primi casi sono coerenti con l’introduzione del virus nel mercato tramite un animale o un venditore che era stato infettato al di fuori del mercato.



ORIGINE COVID, UNA STRANA ANALOGIA…

Nel frattempo, è emerso il caso del “sito della furina“. Dal 16 febbraio 2022, quando è stato pubblicato un altro lavoro sulla rivista Nature, è emerso il virus RaTG13, che era stato trovato nel 2013 nei pipistrelli di una miniera dello Yunnan dove l’anno precedente erano morti dei lavoratori per una misteriosa polmonite, non è più il “parente” più vicino al CoV2 della Sars. Perché lo è “Banal“, raccolto da grotte nei massicci carsici del Laos settentrionale, simile a Sars-COV-2 tra il 96,9% e il 97,4%. Cosa li distingue? Proprio il sito di clivaggio della furina, una specie di pass molecolare che consente al virus di entrare facilmente nelle cellule e che gli conferisce infettività e patogenicità. Nessun altro virus simile alla Sars finora noto ha un “sito furina” di questo tipo, per usare il gergo virologico. Il virologo Marc Eloit ipotizza che quando il virus circola intensamente negli allevamenti può diventare altamente patogeno, ma gli esperimenti non hanno confermato tale ipotesi. C’è invece un pre-print che evidenzia la forte analogia con una sequenza trovata in una variante del virus responsabile della sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS), ottenuta tramite passaggio in coltura nei topi. Come evidenziato da Le Monde, che ha ricostruito l’intera vicenda, l’autore Andreas Martin Lisewski (Jacobs University Bremen, Germania), “questa singolare analogia potrebbe sostenere un’origine artificiale del Sars-CoV-2“. Ma mette in guardia dai collegamenti con le teorie cospirative. I ricercatori francesi, però, non si nascondono quando si tratta di affrontare l’ipotesi della fuga del Covid dall’Istituto di Virologia di Wuhan.



ORIGINE COVID, COSA SERVE PER SCOPRIRLA

Per Etienne Decroly, del laboratorio Architecture and Function of Biological Macromolecules (Marsiglia), è evidente che “l’intera metodologia per costruire virus chimerici era già pronta al WIV” per farlo. Ma il suo collega Bruno Canard sostiene che ritenere che Shi Zhenglifaccia i suoi esperimenti ‘alla cieca’ significherebbe prenderla per matta“. C’è un altro aspetto da tener presente quando si nota una certa ritrosia da parte della comunità scientifica a parlare degli esperimenti come quelli del progetto Defuse: c’è il timore che vegano poi vietati. Ma cosa servirebbe davvero per scoprire l’origine del Covid? Marcus Eliot lo spiega a Le Monde: “Avremmo bisogno di campionare i sarbecovirus [raggruppano i coronavirus legati alla sindrome respiratoria acuta grave, tra cui il Sars-CoV-2] nei pipistrelli in Cina e nei Paesi limitrofi su una scala molto ampia; di avere accesso agli archivi dei laboratori di Wuhan; di condurre un’indagine sierologica su vasta scala in questa città, sugli animali commerciali e sulle capanne“. Ma gli stessi americani, ad esempio, potrebbero tenere segrete eventuali informazioni sulle attività di Wuhan per evitare di mettere in discussione le loro capacità di spionaggio. Ci sono poi laboratori occidentali che hanno collaborato con i ricercatori cinesi. L’incertezza sull’origine del Covid non deve comunque portare all’inattività, secondo Decroly. Il virologo a Le Monde ha concluso che il rischio di nuove zoonosi resta, quindi “è importante monitorare la circolazione dei virus negli allevamenti“. Ma evidenza anche che i pericoli associati agli esperimenti di salto di specie e di acquisizione di funzioni “richiedono una discussione su un regolamento internazionale sulla biosicurezza“.