Pestato e manganellato dai poliziotti a Genova nel corso del comizio di Casapound, il giornalista di Repubblica Stefano Origone si trova in ospedale: «Mi sembravano degli animali in gabbia: stanchi, esasperati dalle provocazioni degli antagonisti. Rabbiosi. Ad un certo punto ho avuto l’impressione che volessero solo andare al di là delle barriere in acciaio, sfogare tutta la loro frustrazione», racconta il cronista ai microfoni di Massimo Calandri. E sottolinea: «In tanti mi hanno chiesto scusa, nessuno dall’esecutivo». Come spiega il quotidiano, infatti, ha ricevuto la chiamata del capo dello Stato Sergio Mattarella, così come quella del presidente della Camera Roberto Fico, del governatore della Liguria Giovanni Toti e di alcuni agenti e ufficiali. Silenzio però dal governo, anche dal ministro dell’Interno Matteo Salvini. Origone, a proposito degli agenti che lo hanno colpito, ha ammesso di avere ricordi «confusi, disorientati: i sottufficiali continuavano a rimetterli in riga, cercando di calmare gli animi mentre su di loro piovevano pietre e bottiglie. Un agente di mezza età estraeva dal tascapane dei lacrimogeni e li passava ad un collega. Aveva uno sguardo terribile. Carico d’odio». (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
APERTA INDAGINE
La Procura di Genova ha aperto un’indagine sul pestaggio di Stefano Origone, giornalista di Repubblica manganellato dalla polizia in tenuta antisommossa nel corso degli scontri con gli antagonisti, opposti al comizio di Casapound. Il procuratore aggiunto Francesco Pinto ha spiegato in conferenza stampa: «L’importante sarà ricostruire i fatti, senza sconti per nessuno: il clima del G8 è passato, fin dal primo mattino di oggi abbiamo raccolto massima collaborazione da parte delle forze dell’ordine e non abbiamo motivi per dubitare sulla professionalità e sull’onestà dei dirigenti della polizia». Solidarietà da parte del mondo del giornalismo a Origone, ecco il messo del Cdr del Secolo XIX: «La redazione del Secolo XIX esprime la propria solidarietà al collega di Repubblica Stefano Origone, ferito mentre stava documentando gli scontri di piazza avvenuti a Genova. È un fatto estremamente grave che il collega sia stato colpito dalla Polizia nonostante avesse detto di essere un giornalista in servizio. A lui vanno i nostri auguri di una pronta guarigione». (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
STEFANO ORIGONE PESTATO A GENOVA
Scontri durissimi e accesi ieri a Genova per un comizio di Casapound in vista delle Elezioni Europee, e a farne le spese è stato anche un giornalista di Repubblica, Stefano Origone, finito dentro gli scontri e manganellato dalle forze di polizia nella ressa creatasi per la contromanifestazione degli antagonisti antifascisti. Cariche e lancio di fumogeni sono stati lanciati in risposta ai tentativi di sfondare la zona rossa posta a difesa di Piazza Marsala, dove era in programma il comizio dell’ultradestra italiana. Gli scontri avvenuti a più riprese in diverse parti della città hanno visto antagonisti e centri sociali, Casapound e polizia: ma sono cittadini e cronisti quelli che pagano i conti più salati, con questa mattina la stessa Polizia di Stato che ha chiesto ufficialmente scusa per le manganellata rivolte a persone che non c’entravano nulla con gli scontri. «Ho pensato di morire, non mi vergogno di dirlo. Non smettevano più di picchiarmi, vedo ancora quegli anfibi neri, che mi passavano davanti al volto e, nella testa, mi rimbomba ancora il rumore sordo delle manganellate. Su tutto il mio corpo, che cercavo di proteggere, rannicchiato in posizione fetale, scaricavano una rabbia che non ho mai incontrato prima, che non avevo mai sentito così efferata in trent’anni di professione, sempre sulla strada», racconta Origone oggi su Repubblica in una testimonianza choc di quelle ore passati ieri sera a Genova.
ORIGONE PICCHIATO A GENOVA: “PENSAVO DI MORIRE”
Nel triste specchio di un passato che ritorna, dal G8 ai black block fino alla Scuola Diaz, la città ligure ha vissuto ancora ore di panico per gli scontri tra destra e sinistra con in mezzo la Polizia: «ero in una buona posizione, per osservare i contatti tra a polizia e i manifestanti, c’erano già state cariche, ma mi sentivo tranquillo, proprio perchè alle spalle avevo la via di fuga. E poco prima la polizia era anche arretrata. Poi non so cosa sia scattato, non ricordo l’innesco della follia. Mi hanno detto poi che i poliziotti hanno visto un ragazzo vestito di nero e hanno lanciato la carica. So che mi sono arrivati addosso, intorno a me non c’era quasi nessuno, ero in un punto defilato», racconta ancora Origone nei minimi dettagli degli scontri e manganellate subite per diversi secondi che sembrano però ore infinite, per il dolore e per l’assurdità della vicenda: «Mi sono coperto la testa con le mani nude. A un certo punto mi sono accorto che il mio corpo non resisteva più, che non riuscivo neppure più a proteggermi. Lì ho avuto paura di morire. A un certo punto è arrivato un poliziotto, Giampiero Bove, che conosco da molto tempo: si è buttato sul mio corpo, con il casco: “Fermatevi, fermatevi, cosa state facendo, è un giornalista, fermatevi”, ha gridato. Mi ha salvato». Costole e dita fratturate, impronte degli anfibi polizia sulla schiena e segni in tutto il corpo, testa compresa: «non ho mai pensato che potesse succedermi una cosa del genere», conclude Origone su Repubblica questa mattina.