I retroscena che si affollano da giorni ormai sulle tensioni interne al Governo sono poi “esplosi” ieri nel confronto-scontro avvenuto tra i capidelegazione in merito alle decisioni da prendere nel nuovo Dpcm 3 dicembre: oggi in un’intervista al Corriere della Sera l’ex Ministro della Giustizia Andrea Orlando (tra i leader delle correnti Pd) fa sentire la propria voce dopo le incertezze maturate nelle ultime settimane su praticamente tutti i dossier principali del Governo. Mes, Autostrade, Ilva e poi ancora il tavolo delle riforme, la legge elettorale, i ristori: i temi sono tantissimi e, come confermato ieri sera in conferenza stampa dal Premier Conte, la squadra di Governo potrebbe ricevere nuovi “confronti” nei prossimi giorni seppur il Presidente ci ha tenuto a precisare «nessun rimpasto in programma». Orlando però non si dice affatto soddisfatto dell’azione di Governo di questi ultimi giorni: «il tavolo delle riforme è fermo e quindi è inevitabile chiedere a Conte un’iniziativa perché noi abbiamo sostenuto tutte le indicazioni contenute nei 27 punti del programma e siamo stati leali. Adesso chiediamo la stessa lealtà agli altri, anche nei confronti di quegli italiani che con i tagli dei parlamentari e senza legge elettorale non saranno rappresentati». Ad esempio sulla sanità, la proposta dell’ala meno renziana del Pd (con tra i protagonisti proprio Andrea Orlando) chiede una riforma strutturale centralizzata: «La via maestra, per me, è quella dell’introduzione a livello costituzionale di un criterio di supremazia dello Stato. Ma nel frattempo si possono e si devono rafforzare gli strumenti che consentano in qualche modo, anche con penalità, di orientare maggiormente le scelte delle Regioni».
ORLANDO “IL GOVERNO STENTA”
Se Orlando si dice soddisfatto per i decreti sicurezza e i programmi sul prosieguo della legislatura, su diversi altri punti accusa il Governo di continuare a «stentare. Siamo soprattutto preoccupati del fatto che ai dossier che si sono accumulati si possano aggiungere anche quelli che saranno prodotti dal processo di gestione del Next generation. Questo diventerebbe non tanto uno smacco per il Pd ma un problema per il Paese». La maxi task force per il Recovery Fund verrà discussa in un Cdm straordinario lunedì prossimo, me le prospettive non sembrano molto rosee in casa Pd: «dovremo capire come questa struttura si raccorderà al lavoro dei ministeri, evitando duplicazioni, e come si eviteranno forme di accentramento. L’accentramento, comunque, non ha nulla a che vedere con la struttura esterna, si può avere anche senza e va evitato in tutti casi, non perché c’è diffidenza nei confronti di Conte ma perché se tutto arriva su un solo tavolo le risposte rischiano di giungere troppo tardi». Capitolo finale, il Mes, con l’ex Guardasigilli – che ancora allontana l’ipotesi di entrare in Consiglio dei Ministri – che al Corriere confida «penso che sia comprensibile, sino ad un certo punto, che in un momento come questo si glissi sulle questioni più divisive […]. Però mi pare che siamo tutti d’accordo che sulla sanità ci voglia un significativo investimento e se il Recovery dovesse tardare, a meno che i nostri partner di governo non abbiano particolari strumenti persuasivi nei confronti di Orbán, il tema di avere un flusso finanziario diventa fondamentale. Insomma, può essere sbagliato, in presenza di alternative, dire “O Mes o morte” ma può essere suicida dire “Mai il Mes”».