Dal carcere di Forlì, Innocent Oseghale si definisce innocente e afferma di non avere responsabilità nell’uccisione della giovane Pamela Mastropietro. “Non ho ucciso la povera Pamela e nemmeno l’ho violentata. Purtroppo le ricostruzioni fatte durante il processo non hanno tenuto conto delle tante prove a mia discolpa e in parte sono sicuro di pagare questa situazione per pregiudizi personali su di me legati al fatto che io sia un immigrato di colore” spiega il 35enne nigeriano condannato all’ergastolo.



Oseghale è accusato di aver ucciso e fatto a pezzi Pamela, la 18enne romana il cui cadavere fu ritrovato in due trolley a Macerata, nel 2018. “Penso spessissimo a Pamela a quanto è successo, sono dispiaciuto e addolorato, ma non posso pagare una colpa non mia. Non ho violentato Pamela, abbiamo avuto rapporti sessuali con il consenso di entrambi prima di andare a casa mia e una volta a casa”, dice ancora il 35enne. Nella sua ricostruzione, Oseghale ricostruisce i minuti precedenti alla morte della ragazza: “Dopo aver fatto la spesa al supermarket mi sono messo a preparare la colazione mentre ascoltavamo un po’ di musica. Pamela ha consumato una sostanza che non avevo mai visto consumare prima a nessuno e di cui quindi non conoscevo gli effetti. Si è sentita male ed è caduta a terra tutto ad un tratto. Ho sottovalutato il suo malore. Ho chiamato un amico che mi ha suggerito di darle dell’acqua. L’ho messa a riposare al letto e sono uscito. Al mio ritorno Pamela non c’era più”.



Oseghale: “Ho avuto paura di perdere la mia compagna”

Nella sua testimonianza dal carcere di Forlì, Innocent Oseghale racconta di aver messo a letto Pamela Mastropietro e di non averla trovata al suo ritorno. “Per me è stato uno shock al rientro. Mi ha assalito la paura di perdere la mia compagna, già in comunità con la mia primogenita e incinta del mio secondo figlio, che purtroppo non ho nemmeno potuto vedere nascere. Ho avuto paura di perdere tutto quello che avevo sognato nella mia vita, avere una famiglia. Ho avuto paura che nessuno mi avrebbe creduto, a me, un ragazzo di colore con in casa il cadavere di una ragazza di 18 anni. Nella mia testa io ero già colpevole, non ho capito più niente e ho fatto quello che è già noto a tutti. Dovevo cercare di salvarmi. Ho pensato a come uscire da quella casa, a salvare la mia famiglia. Ed è stato così che ho commesso lo sbaglio più grande della mia vita, non chiamando subito l’ambulanza e la polizia. Ho avuto paura e chiedo scusa. È il mio rimorso che porterò sempre dentro di me”.



La mamma di Pamela, Alessandra Verni, replica così sulle pagine di Repubblica alle parole del 35enne accusato di aver ucciso e fatto a pezzi la figlia: “Sono cinque anni e tre mesi e mezzo che sento sciocchezze da Oseghale. Non si deve permettere di paragonare il mio dolore con il suo, il fatto che non può vedere i figli con l’uccisione di Pamela, che è morta per mano sua e dei suoi complici. Non esiste. È colpa sua se non ho più mia figlia ed è sempre colpa sua se lui non ha più i suoi, glieli hanno tolti e hanno fatto bene”.