Per la prima volta nella storia dell’esplorazione dello spazio, gli scienziati hanno misurato i cambiamenti stagionali nei gas che costituiscono l’aria direttamente sopra la superficie del cratere Gale su Marte. I risultati ottenuti hanno mostrato qualcosa di veramente sorprendente: l’ossigeno, il gas che molte creature terrestri usano per respirare, si comporta in un modo che finora gli scienziati non sono in grado di spiegare attraverso alcun processo chimico noto. La scoperta è riportata in un articolo pubblicato il 12 novembre nel Journal of Geophysical Research: Planets.



Nel corso di tre anni su Marte (che corrispondono a quasi sei anni terrestri) uno strumento del laboratorio di chimica portatile Sample Analysis at Mars (SAM) contenuto all’interno del rover Curiosity della Nasa ha inalato l’aria del cratere Gale, dove vi è atterrato il 6 agosto 2012, e ne ha analizzato la composizione. I risultati ottenuti da SAM hanno confermato la composizione dell’atmosfera marziana in superficie: 95% in volume di anidride carbonica (CO2), 2,6% azoto molecolare (N2), 1,9% argon (Ar), 0,16% ossigeno molecolare (O2) e 0,06% di monossido di carbonio (CO). Hanno anche rivelato come le molecole nell’aria marziana si mescolano e circolano seguendo i cambiamenti della pressione dell’aria durante tutto l’anno. Questi cambiamenti sono dovuti al congelamento di CO2 ai poli in inverno, che causa una riduzione della pressione dell’aria in tutto il pianeta, e alla sua successiva evaporazione in primavera e in estate, che invece produce un aumento della pressione dell’aria.



Mentre l’azoto e l’argon seguono un modello stagionale prevedibile, crescendo e calando in concentrazione nel cratere Gale durante tutto l’anno in accordo con la quantità di CO2 presente nell’aria, l’ossigeno si comporta in modo del tutto diverso. Infatti, la quantità relativa di O2 nell’aria aumenta di circa il 30% durante la primavera e l’estate, per poi tornare ai livelli previsti dalla chimica nota in autunno. Ma non solo: in inverno si verifica una repentina diminuzione della quantità di O2 rispetto ai livelli previsti. Questo schema si ripete ogni primavera, anche se la quantità di ossigeno aggiunta all’atmosfera varia. Ciò vuol dire che qualcosa lo sta producendo e poi lo sta portando via.



Variazioni stagionali di Ossigeno sulla superficie di Marte misurate presso il cratere Gale dallo strumento SAM del rover Curiosity. In giallo sono evidenziate le variazioni che si discostano dalle predizioni. (Credits: Melissa Trainer/Dan Gallagher/NASA Goddard)

Non appena gli scienziati hanno scoperto l’enigma dell’ossigeno, gli studiosi dell’atmosfera di Marte si sono messi al lavoro cercando di spiegarlo. Prima hanno verificato l’accuratezza dello strumento SAM utilizzato per misurare i gas: lo spettrometro di massa a quadrupolo. Lo strumento andava bene. Hanno preso in considerazione la possibilità che le molecole di CO2 o di acqua (H2O) possano aver rilasciato ossigeno scomponendosi nell’atmosfera, portando a un aumento di breve durata. Ma occorrerebbe una quantità di acqua sopra Marte cinque volte più grande per produrre l’ossigeno in più e la CO2 si rompe troppo lentamente per generarla in così poco tempo. E la riduzione dell’ossigeno? La radiazione solare potrebbe aver spezzato le molecole di ossigeno in due atomi che sono spariti nello spazio? No, hanno concluso gli scienziati, dal momento che occorrerebbero almeno 10 anni affinché l’ossigeno scompaia attraverso questo processo.

“Stiamo lottando per spiegarlo”, ha detto Melissa Trainer, scienziata planetaria presso il Goddard Space Flight Center della Nasa a Greenbelt, nel Maryland, che ha guidato questa ricerca. “Il fatto che il comportamento dell’ossigeno non sia perfettamente ripetibile ogni stagione ci fa pensare che non sia un problema che ha a che fare con la dinamica atmosferica. Deve essere una sorgente e una dissipazione di natura chimica che non possiamo ancora spiegare”.

Per gli scienziati che studiano Marte, la storia dell’ossigeno è curiosamente simile a quella del metano, pubblicata lo scorso anno sulla rivista Science. Infatti, mentre la quantità di metano cresce e decresce stagionalmente, nei mesi estivi si verifica un aumento improvviso del 60% per ragioni inspiegabili, che gli scienziati stanno ancora tentando di spiegare.

Con le nuove scoperte di ossigeno in mano, il team di Trainer si sta chiedendo se una chimica simile a ciò che sta guidando le variazioni stagionali naturali del metano possa anche guidare quelle dell’ossigeno. Almeno occasionalmente, i due gas sembrano fluttuare in tandem.

L’ossigeno e il metano possono essere prodotti sia biologicamente (dai microbi, ad esempio) che abioticamente (dalla chimica legata all’acqua e alle rocce). Gli scienziati stanno prendendo in considerazione tutte le opzioni, anche se non hanno prove convincenti dell’attività biologica su Marte. Curiosity non ha strumenti in grado di dire definitivamente se la fonte del metano o dell’ossigeno su Marte sia biologica o geologica. Gli scienziati si aspettano che le spiegazioni non biologiche siano più probabili e stanno lavorando diligentemente per comprenderle appieno.

Il team di Trainer ha considerato il suolo marziano come fonte dell’ossigeno extra primaverile. Dopotutto, è noto per essere ricco nell’elemento, sotto forma di composti come il perossido di idrogeno e i perclorati. Ma questo non ne spiega la diminuzione invernale. “Non siamo ancora stati in grado di elaborare un processo che produca la quantità di ossigeno di cui abbiamo bisogno, ma pensiamo che debba essere qualcosa nel suolo superficiale che cambia stagionalmente perché non ci sono abbastanza atomi di ossigeno disponibili nell’atmosfera per creare il comportamento che vediamo”, ha affermato Timothy McConnochie, ricercatore presso il College Park dell’Università del Maryland e coautore dell’articolo.

Il team SAM continuerà a misurare i gas atmosferici in modo che gli scienziati possano raccogliere dati più dettagliati durante ogni stagione. Nel frattempo, Trainer e il suo team sperano che altri esperti di Marte lavoreranno per risolvere il mistero dell’ossigeno.

La ricerca riveste particolare importanza per il fatto che lo studio delle atmosfere planetarie, e in particolare la variazione di quei gas che possono essere prodotti biologicamente, come ossigeno e metano, sono in questo momento il metodo più promettente per cercare tracce di vita (quelli che vengono chiamati con termine tecnico “biomarkers”) sull’innumerevole quantità di pianeti, che ormai sappiamo si trovano fuori dal nostro sistema solare.