Ogni notizia che riguarda il pianeta Marte, fa subito scattare l’allarme. Da sempre “il pianeta rosso” è quello a cui maggiormente l’uomo dedica le ricerche più approfondite, anche grazie alla relativa vicinanza alla Terra. La speranza è sempre quella di cogliere qualunque possibile segnale di vita passata o, si spera, ancora presente. Le più concrete segnalazioni in questo senso sono giunte grazie al rover Curiosity che si trova su Marte da circa sei anni (tre in realtà, perché su Marte gli anni durano il doppio rispetto ai nostri dodici mesi) che ha segnalato la presenza con andamento ciclico di gas, ossigeno e metano compresi. Uno studio pubblicato dalla rivista scientifica Journal of Geophysical Research: Planets apre adesso un caso: in alcune stagioni l’ossigeno aumenta la sua concentrazione del 30 per cento. E’ una quantità considerata notevole, e gli studiosi, tra cui geologi, chimici e planetologi guidati dallo scienziato Melissa Trainer della Nasa non sanno spiegarsi il perché. In autunno e inverno su Marte l’anidride carbonica che è la componente maggiore dell’atmosfera del pianeta si ghiaccia e solidifica soprattutto ai poli. In questo modo toglie gas all’atmosfera, diminuendone la pressione.



ANDAMENTO CICLICO DELL’OSSIGENO

In primavera ed estate invece la temperatura sale oltre il punto di fusione del biossido di carbonio mentre la pressione dell’atmosfera torna a crescere. Succede così che argon e azoto crescono secondo le aspettative mentre l’ossigeno no. “Ci stiamo sforzando di spiegare questa cosa, il fatto che il comportamento dell’ossigeno non sia perfettamente ripetibile in ogni stagione ci fa pensare che non sia un problema che ha a che fare con le dinamiche atmosferiche. Ci deve essere qualche causa chimica e che lo fa dissipare che ancora non conosciamo” ha spiegato la dottoressa Trainer. Al momento sei suppone che tutta questa presenza di ossigeno venga originato dal terreno di Marte, ma non è così semplice. Tale presenza di ossigeno Curiosity l’ha registrata in particolare al di sopra di un cratere, quello di Gale. Un meccanismo che produce ossigeno e lo riassorbe. Perché? “Non siamo stati ancora in grado di individuare il processo che produce la quantità di ossigeno che ci serve, ma pensiamo che sia qualcosa nel suolo che cambia stagionalmente” ha detto Timothy McConnochie, dell’Università del Maryland, coautore dello studio “perché nell’atmosfera non ci sono abbastanza atomi di ossigeno per creare il comportamento che osserviamo”.

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