Quarto giorno di guerra tra Israele e Hamas, l’attenzione è rivolta anche alla situazione degli ostaggi. Nel corso degli attacchi orchestrati a sud, i miliziani hanno rapito decine di civili e soldati di Tel Aviv, tenuti ora in ostaggio nel tunnel e in case sicure di Gaza. “La situazione tragica, lo scantinato buio, i miliziani armati di mitra curi, urlanti, violenti, hanno già ucciso, tanto. E sono pronti a farlo ancora con quelle vite che hanno afferrato, che possono buttar via come se fossero cartucce vuote”, le parole di Domenico Quirico su La Stampa.



Quirico ha spiegato che gli ostaggi di Gaza non sono ostaggi di un movimento nazionalista o che esige l’indipendenza di una terra che rivendica in base a antiche rimembranze e torti recenti, ma sono ostaggi del jihad, ovvero di una guerra santa. Sono prigionieri di “chi con molti nomi pretende di purificare il mondo”. Gli ebrei, ha aggiunto, sono “oggetti-ostaggio di cui si è preso il controllo, cose che possono venir utili per scambiarli, ricattare, mostrare il proprio potere”.



Domenico Quirico e l’esperienza del rapimento

Quirico ha poi parlato della prigionia e ha evidenziato che a un tratto non si ha più paura e non c’è più disperazione. “Sono stato prigioniero con il cittadino di uno dei Paesi che non trattano con i terroristi, per principio, per scelta strategica, che se possono danno loro la caccia, indipendentemente”, ha proseguito: “Confesso: non sono in grado di sviscerare la tumefazione di quella orribile certezza che li assorbe, fin dal primo istante del rapimento. Per loro il tempo è un infuso di morte che si accoglie goccia a goccia, ogni giorno una goccia in più e diventa più forte e si trasforma in un acido che intorbida il sangue e lo distrugge”.

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