Ostaggi uccisi a Israele: “Non si uccide chi viene incontro a mani alzate”
Il professor Asa Kasher, inventore del codice di comportamento morale dell’esercito israeliano, l’Idf, è severo. Parlando dell’episodio di venerdì in cui i soldati dentro Gaza hanno ucciso tre ostaggi per errore, è perentorio oltre che arrabbiato: “Prima di tutto un combattente di Tsahal deve sapere che è un soldato d’Israele, e che questo fa di lui un difensore della santità della vita umana. Noi non spariamo se non si deve farlo: ha detto bene il Capo di Stato Maggiore. Non devi uccidere neanche un terrorista se viene incontro a mani alzate” dice a Il Giornale. I soldati, secondo il professore, dovrebbero pensare un attimo in più: “È la prima regola: sapere chi sei, un soldato d’Israele, non un giovanotto con un’arma in mano. Il soldato che ha sparato era un cecchino, era lontano, non aveva solo un secondo per decidere… Voglio dire di più: una parte della società immagina che sparare sia quasi naturale, in tempi difficili. C’è il nemico, spari. Persino due ministri lo dicono. Ma un soldato ha regole, fa corsi, esercitazioni, ha comandanti: la sua scelta è oggettiva, non soggettiva”.
Quel soldato, però, non lo processerebbe. O almeno “non a Gaza. Gli ufficiali decideranno per il meglio, ci sono tanti modi per correggere, per cambiare i ruoli. Mi fido di chi guida la guerra sul campo, sapranno come trattare il terribile evento”. L’esercito israeliano, in questi due mesi (e più) di guerra con Hamas, è stato accusato di bombardare i civili e adesso persino Biden chiede a Netanyahu di cambiare. “Biden è un amico straordinario, a lui tutta la mia stima e ammirazione. Ma con tutto il dovuto rispetto, sbaglia. Ci si accusa in sostanza di non applicare il principio di distinzione fra combattenti e cittadini. Se parliamo di un qualunque agglomerato civile palestinese, non dobbiamo di certo toccarlo: sono cittadini. Ma Hamas e Hezbollah usano un sistema di guerra in cui mescolano le due componenti”.
Bombe sui civili, l’esperto: “Questione di proporzionalità”
Bombardando indistintamente su Gaza, il rischio è di non colpire solamente esponenti di Hamas e Hezbollah. Il professor Asa Kasher spiega a Il Giornale: “Qui interviene la questione della proporzionalità: si deve valutare con saggezza, con obiettività e secondo la legge internazionale la proporzionalità, dell’intervento cioè l’effetto positivo e quello negativo. Anche se una sola donna o un solo bambino soffrono l’effetto è negativo, ma ciò va commisurato col danno inferto al nemico. Nel caso di Hamas, non c’è edificio, scuola, ospedale, in cui con molta pazienza e serietà la cosa non venga valutata. Voi non avete idea di quanto noi sempre, e non solo adesso, blocchiamo aerei già in volo se si vede all’orizzonte un’auto che porta bambini. Noi agiamo quando è obbligatorio, anche se ci spezza il cuore“.
Il numero dei morti a Gaza resta alto: “Noi prima avvertiamo, spingiamo ad andarsene da dove bombarderemo, creiamo tempi e luoghi necessari. È la crudeltà del nemico che usa scudi umani che impedisce alla gente lo sgombero” spiega il filosofo. Kasher spiega poi: “Combatteremo per il tempo e come che ci serve, applicando solo il diritto all’autodifesa. Non c’è scenario di rinuncia ad esistere. Non vedo problemi esistenziali all’orizzonte”. Infine, un commento sulla possibilità di creare uno stato “riconosciuto” da Israele che sia appunto la Palestina: “Considero legittima l’idea di uno stato palestinese. Ma se nasce sull’intenzione di uccidere gli ebrei, allora il terrorismo non è una aspirazione che può essere pietra di fondazione di un Paese”.