Come scritto su questa testata il 19 giugno, il Chigiana International Festival & Summer Academy è forse l’unico festival musicale italiana che riparte alla grande. Si estende su due mesi (dal 5 luglio al 3 settembre), si svolge tutto in luoghi all’aperto o in grandi chiese e propone anche prime mondiali. Grazie ad un accordo con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, gli spettacoli saranno trasmessi in tutto il mondo tramite la rete degli Istituti Italiani di Cultura. Le sezioni del festival sono tre, 18 eventi live, tra cui l’opera La serva padrona di Pergolesi in forma di concerto, 22 spettacoli in fruizione digitale, di cui 6 opere di rara rappresentazione e 16 concerti sinfonici e cameristici, dagli archivi dell’Accademia Chigiana, mai trasmessi prima d’ora ed infine 32 appuntamenti “Legends on air” con gli interpreti storici in programma sulla web radio. Oursounds è il titolo del Festival.



Sono stato alla prima il 5 luglio. Era una vera scommessa perché il programma è stato ripensato interamente per spettacoli all’aperto e collegandolo in parte ad avvenimenti recenti. Il titolo dello spettacolo era Io ho un sogno, ma non si basava sulla vita e sulle battaglie di Martin Luther King. Si trattava di quelle di Luis Sepulveda, l’intellettuale e scrittore cileno morto di Covid-19. In realtà, è un omaggio a tutte le vittime del corona virus. Gli autori sono il drammaturgo e direttore di scena, Alessio Pizzech, che ha selezionato i testi di Sepulveda drammatizzati da due attori (Maria Claudia Massari e Angelo Romagnoli) e il direttore artistico della Fondazione Chigiana, il compositore Nicola Sani, che ha commissionato il lavoro e selezionato i pezzi musicali dello spettacolo.



Dieci compositori: (in ordine di apparizione) Bianciardi, Curran, Sisask, Battistelli, J.S. Bach, Sciarrino, Glass, Whitacre, Cage, Nono, Reich, Casulana, Isaac. In breve, dal Rinascimento (Casulana) al Barocco (Bianciardi, Bach) agli autori del ventesimo secolo e contemporanei. In somma, un pastiche ma nel significato nobile come quelli del barocco (si pensi a Handel e a Purcell a L’isola incantata di vari autori messa insieme, con enorme successo, dal Metropolitan Opera House nel 2011. Il tema non è l’avventura e l’amore come nella maggior parte dei pastiche barocchi, ma una riflessione sull’etica nella vita e una meditazione sulla morte e sull’altro mondo.



La parte musicale dello spettacolo è per lo più affidata ad un nuovo ensemble corale: il Coro della Cattedrale di Siena ‘Guido Chigi Saracini’, creato tre anni fa e diretto da Lorenzo Donati. Il coro ha un compito molto difficile perché in circa un’ora devono gestire stili molto diversi che coprono quattro secoli di musica. Lo fanno molto bene; sono pienamente meritati i riconoscimenti del pubblico alla fine dello spettacolo. Allo scopo di fornire azione durante i momenti corali, una coreografa (Francesca Duranti) balla sui gradini del Duomo. Per concludere con la parte vocale, il soprano Valentina Piovano ha il difficile compito di cantare l’impervio Djamila Boupachà di Luigi Nono (da Canti di vita e di amore).

L’orchestra? Un complesso meccanismo a percussione, gestito da Antonio Caggiano la sostituisce e può suonare le campane di una chiesa, i tuoni di una tempesta, i dolci e delicati echi d’amore, i piaceri della vita come bere whisky e fumare sigarette (un tema degli scritti di Sepulveda). Insomma, un’affascinante serata che augura bene per il resto del Festival 2020, nonché per gli anni futuri.