Capienza totale, nessun obbligo di green pass, mascherine ancora richieste ma solo fino al 15 giugno. Per i pullman turistici, per due anni rimasti praticamente inattivi, la ripartenza sta però coincidendo con una nuova stagione difficile. Sia autobus che pullman sono diventati merce rara, monopolizzati dalla ripresa delle gite scolastiche, che in questa primavera di quasi post-Covid si stanno velocemente moltiplicando ovunque, “liberalizzate” dallo scorso aprile. Il risultato è che i pullman scarseggiano, non solo: i casi di positività che si registrano ancora tra il personale, gli autisti, ne costringono alcuni nei garages. Un esempio su tutti: in Liguria mancano all’appello circa 90 autisti, cosicché le aziende finiscono con il subappaltare il servizio, ma anche rinunciando spesso alle commesse in arrivo.
Succede così un po’ ovunque, malgrado la ripresa, scuole a parte, dia vistosi segni positivi. Altro esempio: ad Assisi i parcheggi dedicati avevano registrato l’arrivo di ventimila autobus nel 2019, poi 1.657 nel 2020 (un vero tonfo), ma nel 2021 erano già risaliti a 3.217. Un trend che si prevede lievitare sensibilmente nei prossimi mesi. E non è solo un problema di parcheggi e bus: già solo lo stallo dei grandi veicoli nei park pubblici, infatti, consente un incasso comunale notevole. Serve ancora un esempio: per un bus turistico l’ingresso nella Ztl a Firenze il primo giorno costa 350 euro (come sostiene Barbara Chiodi, direttrice del to Brevivet). Si capisce insomma il perimetro del business.
Ma il ritorno in strada dei pullman turistici è anche una cartina di tornasole rivelatrice di quanto fatto, ma soprattutto non fatto, nei due anni di pandemia e buoni propositi per il dopo. Un dopo che si sta smascherando vergognosamente uguale al prima, nonostante i proclami “mai più così” e via dicendo. Sono ben note le congestioni registrate nei recenti ponti primaverili in città come Venezia, con code ovunque, calli ingolfate, vaporetti presi d’assalto da una folla urlante. O come Firenze, dove il crollo delle nascite e la fuga degli autoctoni – dice Cecilia Del Re, assessore al turismo – sta regalando il centro storico ai turisti. O come Civita Bagnoregio, provincia di Viterbo, uno stupendo borgo caso-limite che conta 11 abitanti, ma un milione di turisti all’anno…
Ma il fenomeno è globale: la ricomparsa di gruppi e bus turistici sta asfissiando città come Barcellona, esattamente al pari delle nostre città d’arte. Anche la Catalogna, insomma, si confessa inerme nonostante le proteste dei movimenti anti-overtourism, che in più occasioni avevano organizzato manifestazioni in piazza, deviate a volte in episodi vandalici ai danni dei veicoli dei turisti, in un crescendo di attriti tra i residenti e “gli altri”. In realtà, si è perso tempo ovunque: in Grecia il ministro del Turismo Vassilis Kikilias dice, oggi, che “sono in corso azioni per affrontare la questione del turismo eccessivo, in particolare su isole popolari come Santorini e Mykonos. Abbiamo escogitato dei modi per affrontarlo”, e cita senza troppa originalità il prolungamento della stagione turistica, aggiornamenti delle infrastrutture per facilitare i flussi e via andare. Ancora parole, queste sì rapide e abbondanti…
La gestione dei flussi, i censimenti istantanei delle presenze, gli ingressi scaglionati e frazionati nel tempo e negli spazi: l’aiuto del digitale in questa difficile gestione sembra fondamentale. Ma tra tante colpevoli distrazioni, c’è un caso che potrebbe insegnare qualcosa. In Germania la pandemia è stata ovviamente una maledizione, ma anche una benedizione per i paesaggi naturali nazionali. Il notiziario del Deutscher Bundestag informa che sempre più persone hanno scoperto i parchi nazionali, naturali e le riserve della biosfera come aree ricreative locali per le vacanze di prossimità. E che l’aumento del flusso di visitatori nei 16 parchi nazionali, 104 parchi naturali e 18 riserve della biosfera ha avuto un forte impatto sulla natura e sulla biodiversità. Ma anche nei parchi si comincia a soffrire l’overtourism, e si accusano quelle app per escursioni o tempo libero che finiscono per concentrare le persone nelle stesse aree naturali sensibili. Da qui la proposta dei “ranger digitali” per poter monitorare meglio quali canali vengono utilizzati per guidare i visitatori nei parchi, con una piattaforma centrale che combini la guida dei visitatori e il rispetto delle regole di conservazione della natura.
Il digitale, alla fine, aiuta, ma bisogna saperlo gestire e indirizzarlo sui valori desiderati. In caso contrario, se ne dovranno subire gli effetti di moltiplicatore proprio di ciò che si voleva contrastare.
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