Clamoroso a Oxford, verrebbe da dire, anche se qui i parallelismi con il leggendario “Cibali” di Catania nulla hanno a che spartire con quanto accaduto al Magdalen College, dove gli studenti hanno rimosso un quadro della Regina Elisabetta dalla loro sala delle riunioni in quanto la sovrana rappresenta la recente storia coloniale, quando invece gli spazi comuni dell’ateneo devono risultare accoglienti per tutti, nessuno escluso.



Dio salvi la Regina, dunque, ma prima salvi l’inclusione: questo è l’effetto della “cancel culture“, fenomeno dilagante per il quale si assiste alla stesura di un autentico velo di Maya di schopenaueriana memoria, in grado di impedire all’essere umano di fare esperienza della verità e, in questo caso specifico, di salvaguardare gli eventi del passato ritenuti non corretti e intollerabili. Si parlerebbe, nell’antica Roma, di damnatio memoriae, una condanna etica ancor prima che fattiva che sta investendo via via tutti i più grandi personaggi del passato, quasi come se il tribunale dell’Inquisizione fosse tornato e avesse individuato nuovi eretici da mettere al rogo.



OXFORD “CANCEL” THE QUEEN: LA REGINA ELISABETTA SPARISCE DAI QUADRI

È scattata inevitabilmente la polemica attorno alla decisione degli studenti del Magdalen College di Oxford di rimuovere il ritratto della Regina Elisabetta, con il ministro dell’Istruzione, Gavin Williamson, che non ha esitato a tuonare contro questa scelta: “La Regina è ciò che di meglio c’è nel Regno Unito e ha a che fare con la tolleranza, la coesione e l’inclusione”. Le sue parole sono state riprese da “Il Corriere della Sera”, che ha riportato anche quelle di Lord Patten, pro-rettore di Oxford e ultimo governatore britannico di Hong Kong, il quale ha detto che gli allievi sono stati “offensivi e ignoranti”. Tuttavia, la preside del college si è schierata dalla parte dei giovani, asserendo che la libertà di parola significa che gli studenti possono fare le loro scelte: “Difendo il loro diritto di condurre i loro affari e decidere cosa va appeso al muro”. Chissà cosa direbbe il compianto principe Filippo di Edimburgo

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