Era il 17 marzo 1981 quando la Guardia di Finanza – su mandato dei giudici di Milano Gherardo Colombo e Giuliano Turone – scoprì letteralmente per caso la lista della “loggia Propaganda 2”, più comunemente nota come P2. Licio Gelli e i suoi 962 nomi entrarono di diritto nelle cronache nazionali e nei libri di storia 40 anni fa: 208 militari – di cui 43 generali e l’intero vertice dei servizi segreti – 11 questori, 5 prefetti, 44 parlamentari tra banchieri, giornalisti, imprenditori, ministri, magistrati. Insomma, uno “Stato” nello Stato che poneva la loggia massonica – forse – dietro a molti dei “segreti” dell’Italia fino agli anni Ottanta.
Si indagava sul falso rapimento banchiere Michele Sindona e si arrivò alla P2 con nomi di spicco all’interno, da Maurizio Costanzo a Silvio Berlusconi: «Era stupefacente vedere i nomi di alti gradi dei servizi segreti, generali, politici. E si percepiva altra gente sopra di loro. Non ci aspettavamo di trovare una cosa così mostruosamente grossa», spiega la scoperta del “club occulto” il giudice Turone nell’intervista a “Il Giorno” per i 40 anni della loggia di Licio Gelli.
LA P2 E I SEGRETI ANCORA NASCOSTI
Secondo l’altro giudice che indagò per primo sulla P2, Gherardo Colombo, se avessero lasciato l’inchiesta a quel pool di giudici milanesi probabilmente «avremmo scoperto Tangentopoli dieci anni prima»: perquisendo la casa e gli uffici di Licio Gelli si trovarono gli elenchi degli iscritti alla loggia massonica segreta P2 con addirittura 3 Ministri in carica in quel momento, il che portò i magistrati ad informare subito il Presidente del Consiglio Amintore Fanfani. «Prima di rendere pubblico il ritrovamento degli elenchi, il governo avrebbe però atteso non poco. Per qualche settimana la gente non seppe che avevamo scoperto la P2», spiega ancora Colombo al “Giorno”, giudice che poi fece parte del pool di “Mani pulite”.
Sono passati 40 anni ma tanti dubbi e segreti rimangono nascosti di quel periodo e di quelle inchieste poi passate di mano in mano: «Basta rileggere quello che ne scrissero allora i “saggi“ nominati da Forlani e poi la commissione parlamentare presieduta da Tina Anselmi. Una rete di influenza e di potere occulto insinuata nei gangli dei poteri pubblici e della società civile. Uno Stato nello Stato, che agiva occultamente contro lo Stato», è il giudizio netto di Gherardo Colombo. Tornando infine a Turone, «Il sistema ha subito un colpo, ma è come un pugile suonato che poi ha ripreso forza. Non basta una perquisizione per cambiare il Paese. Ancora oggi ci sono amici della Costituzione e nemici della legalità repubblicana, forze che frenano quando si scoprono altarini», avverte ancora il giudice che firmò l’atto di perquisizione nella famosa Villa Wanda di Arezzo, ribadendo come «Si stanno scoprendo cose nuove anche a distanza di decenni, grazie ad archivi interessantissimi. Penso, ad esempio, alla strage di Bologna».