“Il disegno fascista del governo Meloni: attacco a sindacati, rom, detenuti e profughi. Questo governo non è una somma di reazionarietà ma ha un disegno: pensa di riorganizzare la società e lo stato sulla base di una ideologia autoritaria, statalista, giustizialista e razzista”. Titola ed attacca così l’Unità, giornale di un Piero Sansonetti che avevamo lasciato alla guida di testate con titoli e contenuti più ragionanti e meno appariscenti, ma – si sa – l’asino lo si lega dove vuole il padrone. Certo che interpretare in questo modo le norme varate giovedì dal governo nel settore sicurezza può apparire davvero un po’ eccessivo.
Sarebbe interessante capire in merito il pensiero degli italiani. Credo invece che in larga maggioranza approvino le nuove norme perché, al di là dei titoli e della (reciproca) demagogia, esse vogliono colpire fenomeni che creano un acuto disagio sociale e contraddistinguono la realtà quotidiana soprattutto nei grandi centri. Un esempio è quello della possibilità di contenere il “liberi tutti” per le giovani rom dedite al quotidiano borseggio su tram, autobus e metropolitane sbeffeggiando chi le ferma, perché gli agenti, dato il loro stato, devono prontamente rimetterle in libertà. Fascismo? Forse solo un modesto tentativo per rallentare il “lavoro” di persone con centinaia di denunce a carico, fermi, diffide, fogli di via, espulsioni tutte regolarmente ignorate nell’evidente impossibilità di poter intervenire concretamente a contenere il fenomeno: essere incinte o madri da poco era fino ad oggi garanzia di impunità per quasi tutti i reati.
Questi decreti non risolvono certo i problemi, ma vanno almeno letti prima di giudicarli e – per esempio – non è previsto un automatismo circa l’arresto di donne incinte colte in flagranza di reato, ma semmai l’esatto contrario, ovvero che spetterà al magistrato l’onere di verificare la situazione e il “curriculum” della singola persona fermata, operando di conseguenza. È insomma anche una chiamata al senso di responsabilità delle toghe che non possono lavarsi le mani (e la coscienza) rifiutandosi di affrontare con più attenzione i casi loro affidati.
Un’altra demagogia di queste ore è il discorso della “seconda arma” per le forze dell’ordine: “arriva il far-west” si tuona a sinistra poi – ascoltando gli interessati – si deve prendere atto che un poliziotto in borghese non può portare con sé una ingombrante (e visibile) arma di servizio e quindi può assolutamente avere un senso la possibilità di ricorrere ad un diverso mezzo di difesa, ma non per questo diventa un pistolero!
Altri casi credo incontrino l’approvazione totale di chi abbia un minimo di buonsenso, ad esempio le misure di contrasto all’occupazione di una abitazione altrui, che in alcune città è diventata fonte di ansia per migliaia di persone che temono a lasciare vuota la propria abitazione anche solo per poche ore. Finalmente si interviene davanti all’evidenza dell’esistenza di racket impuniti che le fanno occupare (spesso da rom) rifiutandosi poi di rilasciarle e dopo innumerevoli servizi tv che hanno dato la plastica dimostrazione di incapacità dello Stato ad intervenire in modo celere. Per rendere più efficace questa norma vengono introdotte due misure decisamente innovative. La prima è tutto fuorché coercitiva, prevedendo la non punibilità per l’occupante che collabora all’accertamento dei fatti e rilascia volontariamente l’immobile occupato; la seconda disciplina un apposito iter, molto veloce, per ottenere la liberazione dell’immobile e la sua restituzione a chi ne ha diritto. In via ordinaria su questo provvederà il giudice, ma nei casi urgenti, in cui l’immobile occupato sia ad esempio l’unica abitazione della persona offesa, è prevista la possibilità che la liberazione/restituzione dell’immobile sia effettuata direttamente dalle forze di polizia che hanno ricevuto la denuncia, fermo l’intervento successivo di convalida del pubblico ministero e del giudice. Non mi pare una normativa “fascista”, ma di semplice buonsenso.
Così come si colpiscono finalmente gli “eco-vandali” capaci di sporcare di vernice edifici privati e monumenti storici spesso causando danni gravissimi, o di bloccare la circolazione stradale. Non può esserci giustificazione a questo assurdo comportamento incivile ed ignorante: prevedere norme contro il deturpamento degli edifici pubblici dovrebbe essere una ovvietà in uno Stato civile.
Infine il capitolo delicato delle rivolte in carcere, premesso – va detto – che le carceri italiane sono ben lungi spesso dall’essere “rieducative” per carenza di personale e sovraffollamento. Prima di tutto servirebbero quindi nuove strutture, perché è ingiusto prendersela con il singolo detenuto che protesta per situazioni a volte inaccettabili, ma si deve farlo contro chi organizza le rivolte, terrorizza gli altri detenuti, minaccia la polizia penitenziaria. Il giudice valuterà il singolo caso, ma – come per gli altri reati – deve poter disporre di una scelta tra diverse opzioni di condanna graduandole secondo equità.
Nel complesso, quindi, al netto della demagogia, sono norme che certo non risolvono i problemi e quindi non come tali devono essere dipinte, ma non incidono sulla libertà personale dei cittadini “normali”, quelli – l’enorme maggioranza – che osservano le leggi e chiedono legittimamente all’Esecutivo ed alle forze dell’ordine maggiore sicurezza, vista una situazione dell’ordine pubblico in evidente degrado e non tanto per i “grandi reati”, ma soprattutto nella vita quotidiana dei grandi centri.
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