Si torna a parlare di pace contributiva prevista dall’ente INPS, che garantisce la copertura a favore dei contribuenti che durante gli anni della loro vita hanno avuto dei “buchi pensionistici”. Tale opportunità viene garantita esclusivamente a chiunque, purché non si tratti di omissioni volontarie.
Si torna a parlare di contributi da versare volontariamente, e questa volta ci teniamo a rilasciare più informazioni riguardo a quanto previsto dall’INPS. La misura è di natura – come detto – volontaria, ed è ammessa purché il periodo non riguardi già dei versamenti avvenuti nel biennio in corso, 2024 e 2025.
I tempi previsti per la pace contributiva
La pace contributiva può durare per un periodo complessivo corrispondente a 5 anni, da poter riscattare volontariamente e anche non consecutivamente. Il periodo potrebbe superare il 31 dicembre dell’anno 95 e prima del 1° gennaio dello scorso anno, 2024.
La misura prevede un costo, che può versato in una sola soluzione oppure rateizzandolo. L’unica restrizione è legata al limite della somma minima, che ammonta 30€. La rateizzazione non vede alcuna applicazione di interessi.
La dilazione del pagamento non viene prevista e né concessa nel momento in cui il trattamento previdenziale, indiretto o diretto, è richiesta per la liquidazione istantanea.
Il beneficio è garantito esclusivamente a patto che il richiedente abbia l’iscrizione ad un regime previdenziale, così come descritto dalla normativa in vigore. Si ricorda che il diretto interessato non può godere del trattamento pensionistico al 31 dicembre dell’anno ’95.
Laddove l’ente riscontrasse tale accertamento, la misura decade immediatamente (proprio come da pratiche di ufficio).
C’è tempo fino a fine anno
La pratica per la cosiddetta “pace contribuiva”, e per i due anni in corso è possibile mandarla entro la fine dell’anno, nello specifico entro e non oltre il 31 dicembre di quest’anno (2025). Per coloro che versano i contributi in modo volontario, potranno dedurre la spesa sul reddito totale.
È essenziale allegare una documentazione che possa comprovare la reale esistenza del rapporto lavorativo, ad esempio note aziendali, contratti o buste paghe. Non è infatti elemento sufficiente la sola “affermazione” del datore di lavoro.