Non fu un agguato omofobo, ma una rissa. Per questo i giovani coinvolti nel pestaggio avvenuto a Padova a fine estate sono stati tutti condannati, anche la coppia gay. Il decreto penale emesso dal giudice non è ancora una condanna: ora gli avvocati dei sette giovani devono decidere se pagare una multa o se fare opposizione e affrontare il processo. Visto che due sono gay e che prima delle violenze si erano scambiati un bacio, si parlò di un agguato omofobo, ma alla fine quella fu una rissa senza vittime in cui volò qualche insulto di troppo.
I fatti risalgono al 18 settembre quando sotto la sede del municipio due gruppi si affrontarono prima verbalmente e poi a colpi di pugni e bottiglie. Per quell’episodio furono denunciati 5 giovani. Marlon Landolfo e Mattias Fascina, entrambi omossessuali e indagati successivamente, raccontarono di essere stati picchiati violentemente perché gay, dopo un’aggressione a sfondo omofobo. In loro difesa si mossero anche diversi politici. Nel frattempo, i carabinieri di Padova andarono a fondo della questione scoprendo altro.
PADOVA, GAY PICCHIATI? NON FU AGGUATO OMOFOBO
I carabinieri di Padova identificarono gli altri giovani coinvolti, guardarono le telecamere di videosorveglianza e sentirono diverse testimonianze. Tramontò subito l’ipotesi che all’origine della rissa ci fossero motivi legati all’omofobia, così come che fossero coinvolti gruppi di estrema destra. Era “semplicemente” una rissa tra giovani, per lo più ubriachi. Dopo alcuni giorni due dei cinque accusati di omofobia raccontarono che stavano festeggiando il compleanno di un’amica e avevano bevuto.
«Camminando abbiamo incontrato questi ragazzi che non sapevamo essere omosessuali e uno di loro ha fatto una battuta per una felpa. Da lì sono iniziate alcune schermaglie verbali, ma nessuno ha fatto allusioni sui gay. Anzi, dal nulla uno di loro ci ha urlato “omofobi”». Il giudice ha quindi riconosciuto le ricostruzioni del pm Sergio Dini, che ha coordinato le indagini della procura di Padova, emanando il decreto penale.