Ad aprile del 2016 a Varese un cinquantatreenne, padre di un alunno, aveva picchiato un insegnante durante un colloquio scolastico. Il docente di storia dell’arte, spintonato violentemente, era caduto per terra e aveva battuto la testa, tanto da rimediare un trauma cranico e una contusione dorsale. A distanza di cinque anni il Tribunale ha condannato l’uomo – un pregiudicato – a 6 mesi e 15 giorni di carcere.
Il giudice non ha creduto alla versione della moglie dell’aggressore, anch’essa presente al momento dei fatti, la quale aveva raccontato che il professore era inciampato su dei fili dell’elettricità e si era fatto male da solo. Il racconto della vittima, confermato da altri docenti giunti in suo soccorso, era decisamente più plausibile. Il padre dell’alunno, carico d’ira nei confronti dell’insegnante di storia dell’arte poiché aveva avuto qualche attrito con il figlio, si è scagliato contro l’uomo, “colpevole” di avere definito il suo rendimento scolastico insufficiente. L’accusa di lesioni e minacce è stata dunque confermata.
Padre alunno picchia insegnante a colloquio: il commento di Sasso
Ad esprimersi sulla vicenda, a seguito dell’emissione della sentenza del Tribunale di Varese, è stato Rossano Sasso, sottosegretario al Ministero dell’Istruzione. Il leghista, attraverso un post pubblicato sulla sua pagina Facebook, ha sottolineato come la condanna a 6 mesi e 15 giorni di carcere sia “il minimo, data la gravità dell’episodio”.
Inoltre, ha ricordato che non si tratta purtroppo del primo episodio di questo genere. Il sottosegretario Rossano Sasso, in tal senso, in passato aveva proposto una legge – che “giace da oltre due anni nei cassetti della Camera per l’inerzia delle altre forze politiche” – a difesa degli insegnanti. Essa prevede l’inasprimento della pena per coloro che commettono violenze nei confronti dei docenti, equiparando tale ruolo a quello di un pubblico ufficiale. Col tempo, infatti, tale figura viene sempre più meno rispettata rispetto a decenni fa.