Nella piazza de “I Fatti Vostri” è stata raccontata l’incredibile storia (a lieto fine) di Michelle (12 anni), sottoposta al trapianto di un rene da vivente per salvarla da una insufficienza renale terminale. A rendere speciale questa storia è il fatto che il donatore dell’organo è stato suo padre, in stato di detenzione in una struttura penitenziaria in regime di 41 bis. Quando aveva soli 4 anni, a Michelle fu diagnosticata un’insufficienza renale cronica: fu sottoposta a vari trattamenti, finché il 13 agosto 2020 fu portata al pronto soccorso dell’ospedale ‘San Paolo’, dal quale venne trasferita d’urgenza al ‘Giovanni XXIII’ di Bari.



“Michelle è arrivata in ospedale in codice rosso ed è stata sottoposta alla dialisi – ha detto il professor Gesualdo Loreto, che ha seguito il ‘caso’ della bimba –. Ha avuto complicanze, ha avuto convulsioni, in quanto era in insufficienza renale terminale”. A un certo punto i medici segnalarono la necessità urgente di sottoporre l’adolescente a un trapianto renale, perché correva il rischio di perdere la vita. Una situazione che la mamma della piccola, la signora Alessandra, ha descritto in questi termini: “Quando ho avuto l’opportunità di vedere mio marito, gli ho subito comunicato il problema di Michelle. Lui ha risposto di non avere mai fatto niente in 9 anni per i suoi figli e ha voluto donare il suo rene alla figlia”.



MICHELLE, SALVATA DAL PAPÀ CON UN TRAPIANTO DI RENE: “EMOZIONE IMMENSA”

Il professor Loreto ha ammesso che non è stato facile riuscire a realizzare l’intervento, vista la situazione particolare legata alla detenzione del padre di Michelle, ma “neanche difficile. C’è stata una corsa alla solidarietà per la bambina e nell’arco di sei mesi siamo arrivati al trapianto. Il donatore aveva presentato anomalie urinarie, per cui sono state eseguite biopsie urinarie. Dopodiché, è giunta l’idoneità e il 30 settembre 2021 siamo riusciti a trapiantare l’organo”. Subito le cose non sono andate per il verso giusto, perché “Michelle purtroppo soffre di ipotensione e dunque poter irrorare un rene grande in una bimba con pressione bassa diventa difficile. Per 15 giorni noi medici non abbiamo dormito, perché il rene non ripartiva. Vi lascio immaginare la tensione che si vive in quei momenti”.



Tuttavia, la situazione si è poi sbloccata e l’équipe del prof. Michele Battaglia ha potuto tirare un sospiro di sollievo, così come mamma Alessandra: “Noi abbiamo vissuto un’emozione immensa, in quanto non ci aspettavamo che la giustizia desse l’opportunità a mio marito e, soprattutto, a sua figlia”.