Il padre di Valentina Zappalà, 26enne vittima del femminicidio di Aci Trezza, uccisa a colpi di pistola dall’ex fidanzato Antonino Sciuto, ha parlato al Corriere della Sera della tragedia che ha sconvolto le vite di un’intera famiglia. Ha detto di quel ragazzo che non gli era mai piaciuto, uno psicopatico che si diceva convinto di essere un agente segreto. Lo stesso che aveva accolto in casa per qualche tempo, solo per rendere felice la figlia che invece quel ragazzo lo amava.
Ora, poche ore dopo l’omicidio di cui tutta Italia parla, l’uomo ripercorre tutta la vicenda: “Quando dopo botte e parolacce mia figlia l’ha mollato, quando io gli ho tolto le chiavi di casa, ha cominciato ad appostarsi per ore sotto le finestre o davanti al panificio dove Vanessa lavorava. Dopo la frattura di dicembre, dopo un inverno passato da Vanessa prigioniera in casa per paura di incontrarlo, dopo mille minacce, abbiamo dovuto mettere nero su bianco. Perché abbiamo scoperto che con un duplicato delle chiavi la sera si intrufolava nel sottotetto di casa mia, una sorta di ripostiglio, e dalla canna del camino ascoltava le nostre chiacchiere”. Antonino Sciuto, dice il papà di Vanessa, si è difeso balbettando: “Mi hanno detto che tua figlia ha un altro”, ha detto. Il padre gli ha risposto: “Lei non ha nessuno, ma tu non sei il suo fidanzato”. E Sciuto ha replicato: “Tua figlia è menomata”. Oggi il padre ricorda amaro: “L’ho cacciato, ma aveva il piano B”.



Valentina Zappalà, parla il padre

Per Antonino Sciuto l’ex fidanzata Valentina Zappalà era diventata una vera e propria ossessione. Così aveva continuato a controllarla, ricorda il padre della vittima: “Con una diavoleria elettronica. Con dei Gps, delle scatolette nere piazzate sotto la macchina di Vanessa e sotto la mia. Come hanno scoperto i carabinieri quando finalmente, chiamati da mia figlia, lo hanno arrestato. Il maresciallo, un sant’uomo, dà il suo cellulare a mia figlia: “Chiamami in ogni momento, notte e giorno, se c’è bisogno”. Un padre di famiglia. Prontissimi sempre tutti i carabinieri, ma forse dovevamo fare noi tutti di più, anche protestando per le leggi balorde di questo Paese, per la disattenzione finale…“.



Alla domanda su cosa non abbia funzionato a dovere, il papà di Valentina risponde: “Trovano un pazzo di catena che spia dal camino o con i Gps, un violento che picchiava la ragazza, sempre coperta da foulard e mascariata di fard, e che fanno? Dopo una notte in caserma, il 7 giugno, un martedì, e una di interrogatorio, arriva il giudice e lo manda a casa con gli “arresti domiciliari”. Inutili. Perché tre giorni dopo, il sabato, era il 13 giugno, ce lo ritroviamo tra i piedi, ma con un provvedimento altrettanto inutile: l’obbligo di non avvicinarsi a mia figlia per 200 metri. È questa l’Italia che vogliamo? Davvero pensano che da 200 metri non si possa fare male? Oppure che un pazzo come questo non possa armarsi e sparare da tre metri? Se lo consideravano malato dovevano rinchiuderlo in una comunità e curarlo. Non lasciarlo praticamente libero di fare tutto“. E dire che dalla metà di giugno le minacce si erano affievolite. Antonino Sciuto, con ogni probabilità, stava pianificando l’ultimo atto della sua follia: “Per due mesi non lo abbiamo più visto. Ma 15 giorni di pace c’erano stati anche mentre si appollaiava nel sottotetto. Si sarà placato, speravo. E forse nelle ultime settimane lo ha sperato anche Vanessa che, fino a prima di Ferragosto, continuava a vivere da reclusa, con il terrore di incrociarlo. Com’è poi accaduto in questa notte che resterà l’incubo anche per i figli dell’assassino. Un maschietto di 10 anni e una bimba di 5. Dal primo matrimonio. E mia figlia che l’anno scorso li faceva giocare, comprando loro regalini, quando non aveva capito di avere a che fare con un pazzo…“.

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