L’ANNUNCIO DEI PAESI BALTICI: “STOP AL GAS DALLA RUSSIA”

Dallo scorso 1 aprile i Paesi Baltici – Lituania, Lettonia ed Estonia – hanno bloccato le importazioni di gas dalla Russia: oggi da Mosca arriva la “risposta” con la chiusura definitiva di tutti i rubinetti verso i vicini e rivali Stati sul Mar Baltico.



La piena conferma arriva dall’amministratore delegato dell’operatore del sistema di stoccaggio sotterraneo del gas (CONEXUS Baltic Grid) della Lettonia, Uldis Bariss: «Se ci fossero ancora dubbi sul fatto che ci possa essere fiducia nelle consegne dalla Russia, l’attualità ci mostra chiaramente che non c’è più fiducia». Lo stesso top manager ha poi spiegato che il mercato baltico al momento viene servito da riserve di gas immagazzinate nei depositi sotterranei della Lettonia. Lituania ed Estonia già avevano annunciato il medesimo blocco, anticipando il diktat del Cremlino che imponeva lo stop delle forniture per tutti coloro che non accetteranno di pagare in rubli il gas (anche se in realtà in maniera non diretta, come spieghiamo in questo focus). «Siamo il primo Paese dell’Ue tra i Paesi fornitori di Gazprom a garantirsi l’indipendenza dalle forniture di gas russe, ed è il risultato di una costante cooperazione a lungo termine nel campo della politica energetica e di decisioni tempestive sulle infrastrutture», lo ha detto ieri il ministro dell’Energia lituano Dainius Kreivys.



CAOS GAS, UE DIVISA DOPO LO STOP DEI PAESI BALTICI

Così come ieri aveva parlato la premier lituana Ingirda Simonyte annunciando lo stop delle forniture di gas dalla Russia – come scelta «per non consumare un solo centimetro cubo del gas tossico russo» – oggi aggiunge il “carico” il Presidente della Lituania Gitanas Nauseda su Twitter: «Anni fa il mio Paese ha preso decisioni che ci consentono oggi di recidere facilmente i legami energetici con l’aggressore. Se possiamo farlo, anche il resto d’Europa può farlo!».

Lo scontro accesissimo sul fronte energetico tra Russia e Paesi Baltici arriva nelle ore in cui l’Europa sta valutando molto attentamente la possibilità di porre una sorta di embargo su gas e petrolio russo, in risposta alle immagini indegne emerse lo scorso sabato a Bucha (a nord di Kiev). Su questo però l’Ue è divisa, non tanto nella condanna – che è unanime contro Putin per potenziali crimini di guerra – ma per le possibili conseguenze che potrebbe avere un blocco immediato del gas dalla Russia: se infatti Macron e Sanchez vedono la possibilità di porre una durissima sanzione contro Mosca bloccando il gas d’importazione, la Germania con Scholz fa sapere che al momento «non è possibile adottare tale opzione». L’Italia valuta il da farsi, anche se già ieri Draghi aveva fatto sapere che la Russia «dovrà rispondere dei crimini avvenuti a Bucha», non escludendo sanzioni sul fronte energetico. I Paesi Baltici possono permettersi tale stop in quanto tra riserve e differenziazione può sopperire alla mancanza del gas russo: molti altri Paesi Ue invece ad oggi non potrebbero farlo, da qui dunque lo scontro e le divisioni interne ai 27 sul futuro dei rapporti energetici con Mosca. Il vice presidente della Commissione Europea Valdis Dombrovskis, commentando il tema delle possibili sanzioni, ha dichiarato da Bruxelles «Penso che sia molto chiaro che come Unione europea dobbiamo fare di più per fermare questa guerra e per fermare queste atrocità. Per questo la Commissione sta preparando il prossimo pacchetto di sanzioni: dobbiamo alzare la pressione sulla Russia. Come Commissione, per quanto ci riguarda, nulla è escluso. Dobbiamo usare tutte le leve che abbiamo – ha detto il commissario economico – per fermare la guerra».