A partire dal gennaio 2023, sulla base di quanto disposto dalla legge di bilancio varata il 28 dicembre 2022, il governo Meloni ha disposto l’innalzamento del tetto ai contanti fino a 5000 euro. Nonostante questa strenua difesa da parte dell’esecutivo, il pagamento in cash potrebbe avere una vita molto breve: vediamo perché.
Pagamento in contanti: una storia complicata
Nel 1991 il limite del pagamento in contanti era di 10.329 che corrispondevano ai 20 milioni di lire dell’epoca.
Il governo Prodi poi ha provveduto ad abbassare il limite a 5.000 euro, limite che è stato poi innalzato dai successivi governi Berlusconi fino a 12.500 euro. con la crisi del 2008 però il limite venne nuovamente abbassato a 5000 euro. Dopo il 2008 il tetto non ha fatto altro che scendere: prima a 3000 euro, poi 2000 euro e infine sarebbe dovuta scattare la misura dei 1000 euro, finché non è intervenuto il governo Meloni e ha nuovamente innalzato il tetto e contanti fino a 5000 euro.
Tuttavia all’interno del sistema fiscale esistono delle contraddizioni di fondo: il contante ha dei costi importantissimi così come è stato indicato dalla Banca d’Italia che ha segnalato un costo totale di 7 miliardi di euro, di cui 3,8 miliardi sono sostenuti dagli esercenti e quindi il 50% dei costi di gestione del contante e circa il 55% di tutto il sistema dei pagamenti in Italia. Parliamo di un flusso il cui valore ammontava 245 miliardi e 474 milioni nel 2021 che corrisponde ad un aumento rispetto al 2020 dell’8,9%.
Pagamento in contanti: il sistema fiscale ne limiterà l’utilizzo
Assodato dunque che utilizzare il contante non consente un guadagno e incentiva l’elevata evasione fiscale, causando un numero minore di entrate, c’è anche una questione fiscale di fondo.
Infatti a partire dal 2021 possono essere portate in detrazione soltanto le spese che sono state effettuate in modalità tracciata e quindi con pagamenti elettronici.
Se Giorgia Meloni si è potuta permettere un colpo di testa alla fine del 2022, è presumibile che nei prossimi anni subirà molte pressioni da parte dell’Unione Europea e della Banca d’Italia in modo da abbassare il tetto ai contanti.
Tuttavia il tetto al contante internazionale imposto dall’Unione Europea è di 10000 euro, ma anche l’Unione Europea potrebbe lavorare affinché questo scenda e così l’Italia dovrà adeguarsi di conseguenza.
Il sistema fiscale italiano, sempre con l’obiettivo di incentivare il pagamento elettronico, a istituito una serie di misure come:
- Il cashback e il super cashback del 10% per i pagamenti elettronici, con l’esclusione degli acquisti online;
- il credito d’imposta del 30% sui costi legati ai pagamenti elettronici,
- la lotteria degli scontrini per chi pago accetta pagamenti cashless.
Naturalmente l’esclusione dei pagamenti elettronici per acquisti in e-commerce, danno già l’idea che le misure sono finalizzate al contrasto all’evasione fiscale e quindi rese attuative soltanto per gli acquisti all’interno dei negozi fisici.
Pagamento in contanti: cosa dice la Banca Centrale Europea
Ad oggi, stando allo SPACE 2022, studio annuale della Banca Centrale Europea sulle abitudini di pagamento, l’Italia si conferma in Europa:
- quarta nazione per numero di pagamenti in questa forma (69%);
- ottava nazione per valore delle transazioni (49%).
Ma nel futuro il contante diventerà un lontano ricordo, perché la carta e i pagamenti via smartphone diventeranno la norma, o addirittura un vero e proprio costume se si pensa alle nuove generazioni.
Il problema di fondo sarà il costo di commissione per la transizione, così come il mantenimento del POS, ma è indubbio che il sistema bancario, con una clientela sempre più estesa, potrà provvedere a ridurre il più possibile i costi.
Solo per il POS la spesa media è di 22,82 euro contro i 61,74 del 2017. E le stesse commissioni sono scese del 30-40% negli ultimi 10 anni, andando a favore soprattutto dei piccoli esercenti.