Il papà ha il dovere di aiutare la figlia, se economicamente in difficoltà, indipendentemente dall’età. Lo ha stabilito un giudice di Torino, che ha appunto imposto al genitore di aiutare la figlia dal punto di vista economico, anche se la stessa ha 33 anni, con l’aggiunta di due mesi di carcere visto che l’uomo aveva smesso di versarle da qualche anno l’assegno di mantenimento pari a 258 euro mensili. Come scrive Repubblica, il giudice ha stabilito che il condannato potrà avere la sospensione condizionale, a patto però che lo stesso versi immediatamente 3000 euro sul conto della figlia. Una decisione che fa discutere quella del tribunale torinese, soprattutto per il fatto che il genitore risulta essere nullatenente e attualmente senza lavoro. La vicenda giuridica era iniziata il 29 dicembre del 2014, cinque anni fa, con la ragazza (all’epoca 28enne), che aveva appunto denunciato il padre che non le passava più la paghetta (lo aveva fatto per due anni, dal 2012 al 2014).



PAGHETTA FINO A 33 ANNI ANCHE SE LAVORA, LA RAGAZZA: “VIVO CON MIA MAMMA”

Il padre si era divorziato dalla madre nel 2000, un divorzio complicato: “Saltava alcune mensilità – le parole della figlia, come riporta Repubblica – e non ha mai provveduto a versare il 50 per cento delle spese extra a mia madre poi dal dicembre del 2012 ha cessato ogni versamento. Questo comportamento di mio padre mi sta causando gravissime difficoltà economiche, oltre a una gravissima frustrazione e a un senso di disagio perché devo sempre far ricorso all’aiuto di mia madre”. La 33enne ha sempre avuto difficoltà a trovare lavoro e di conseguenza a farsi una vita propria, ed ora guadagna meno di 800 euro e vive ancora in casa: “Adesso ne guadagno 786, vivo sempre con mia mamma”. Il padre ha spiegato davanti al giudice di aver smesso di dare il mantenimento dopo che la figlia era cresciuta e sapendo che aveva trovato un lavoro: “Se mia figlia fosse stata disabile o avesse avuto dei problemi – ha aggiunto – sarei andato anche a rubare per darle dei soldi. Ma da quando è maggiorenne ha sempre lavorato e questo per me era motivo di orgoglio”. Il giudice non gli ha dato ragione.

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