Pakistan: 24enne condannato a morte per blasfemia
Dal Pakistan è arrivata oggi notizia di una condanna a morte mossa contro un ragazzo di 24 anni di fede cristiana, accusato di aver condiviso una blasfemia contro Maometto. Si tratta dell’ennesima applicazione, forse strumentale, della famigerata legge 295-c del codice penale pakistano che punisce, appunto, il vilipendio nei confronti dell’unico profeta della religione musulmana, con pene che vanno nei casi estremi fino alla morte.
Il 24enne accusato di blasfemia e condannato a morte in Pakistan, Nouman Asghar, è stato arrestato nel 2019 assieme ad un suo amico, il cristiano Sunny Mushtaq, al quale è stata mossa la stessa accusa, ma senza che il giudice abbia ancora emesso la sua sentenza. I due ragazzi facevano parte di un gruppo WhatsApp con un terzo amico, il musulmano Bilal Ahmad. Quest’ultimo, sostiene la difesa di Asghar, avrebbe inviato l’immagine contro Maometto, che gli altri due ragazzi hanno solamente ricevuto. La polizia del Pakistan, però, sarebbe venuta a conoscenza in qualche modo della vignetta accusata di blasfemia e, dopo aver sequestrato i cellulari dei due cristiani, li ha arrestati, lasciando in libertà il loro amico che aveva inviato l’immagine.
L’accusa e la difesa di Nouman Asghar
Insomma, dal 2019 i due ragazzi accusati di blasfemia in Pakistan si troverebbero in carcere, coinvolti in un lungo e complesso reticolo giuridico dal quale Asghar sarebbe uscito solamente oggi. La sentenza emessa dal giudice, però, lo ha condannato a morte con l’accusa di vilipendio contro Maometto. Non si tratta del primo caso del genere, e particolarmente famoso era diventato l’arresto di Asia Bibi nel 2009 con la stessa accusa, che si è risolta con la scarcerazione della ragazza.
La Ong del Pakistan chiamata The Voice ha subito preso le parti del giovane accusato di blasfemia, offrendogli l’assistenza legale di Aneeqa Maria Anthony. L’avvocato, commentando la sentenza, ha sottolineato che si era trattato di un “gioco tra adolescenti“, sostenendo che “le loro famiglie stanno soffrendo molto” e promettendo di garantire, nei limiti delle loro possibilità, la giustizia ad entrambi i giovani. I legali del Pakistan che difendono il 24enne accusato di blasfemia hanno promesso di fare ricorso, sottolineando però come “questo è un altro esempio di uso improprio delle leggi sulla blasfemia” spettro di una persecuzione contro i cristiani, che non colpisce mai i musulmani (come il loro amico Ahmad).