Sospiro di sollievo per il bambino di soli otto anni che era accusato in Pakistan di atti di blasfemia: infatti la storia del piccolo indù era balzata agli onori delle cronache nostrane dallo scorso luglio quando era stato addirittura arrestato per aver “intenzionalmente urinato” su alcuni testi sacri nella biblioteca della madrassa di Bhong, centro islamico ubicato nella piccola città del distretto di Rahim Yar Khan, nella provincia del Punjab. Una storia surreale che tuttavia aveva fatto temere il peggio nonostante la minore età del protagonista della vicenda, dal momento che in Pakistan la blasfemia viene punita con pene severe e, in alcuni casi particolari, persino con la pena di morte come peraltro ricorda il celebre caso di Asia Bibi, la contadina di fede cattolica protagonista di un’odissea giudiziariatra il 2010 e il 2018 prima di essere assolta dalla Corte Suprema.



Per fortuna, al termine di un incubo durato alcune settimane, contro il bambino di otto anni al momento sono caduti tutti i capi di accusa, nonostante ai suoi accusatori non interessasse che l’aver urinato su dei libri sacri fosse il gesto giocoso, sicuramente poco consono alla situazione ma certamente non da intendere come atto blasfemo, di un minorenne. Come si ricorda, il piccolo di religione indù era stato in seguito arrestato e poi condotto dinanzi al tribunale del centro di Rahim Yar Khan: ma il peggio doveva arrivare perché, una volta scagionato, il piccolo e la sua famiglia non hanno potuto fare ritorno alla loro abitazione perché all’eterno del tribunale, ad attenderli, c’era anche una folla inferocita di estremisti che secondo alcuni avrebbe potuto anche linciarli.



SCAGIONATO BIMBO DI 8 ANNI ACCUSATO DI BLASFEMIA: INTOLLERANZE CONTRO LA MINORANZA INDÙ

Da lì la decisione, presa saggiamente da parte delle forze di polizia locali, di evitare loro di essere aggrediti dalla folla e di metterli sotto protezione, mentre dal canto loro i manifestanti hanno successivamente deciso di sfogare la loro rabbia contro un locale tempio indù, preso letteralmente d’assalto. Ora, come detto, arriva dal Pakistan la notizia che il bambino non sarà processato per blasfemia e che lo scorso 4 agosto un tribunale gli ha concesso una cauzione per uscire di prigione. Insomma, tutte le accuse sono cadute anche se purtroppo ci sono voluti giorni per spiegare che il protagonista della vicenda aveva appena otto anni e non poteva certo comprendere la portata della sua azione.



Secondo quanto si apprende da media locali, tuttavia, se l’incubo giudiziario per il bambino e la sua famiglia è finito, con il giudice che ha fatto cadere tutte le accuse, gli episodi di intolleranza sono continuati e per un po’ di tempo il piccolo nucleo famigliare è rimasto sotto la protezione della polizia per evitare guai peggiori. Al momento non si sa se abbiano potuto fare ritorno a casa ma la vicenda ha contribuito comunque a far riaccendere i radar di diverse organizzazioni internazionali e degli attivisti che da tempo vigilano sullo stato della libertà religiosa in Pakistan e del rispetto dei diritti civili delle minoranze. “Le accuse erano infondate” ha spiegato Tahir Mehmood Ashrafi, rappresentante speciale del ministro per l’Armonia interreligiosa, secondo quanto riportato dal sito web di “Avvenire”, mentre si è proceduto a riparare i danni fatti al tempio indù preso d’assalto dagli estremisti, alcuni dei quali finiti giustamente in carcere. “Sono persone che non rappresentano l’Islam autentico” ha aggiunto, prendendo nettamente le distanze da questi facinorosi.