Il nuovo scandalo che travolge il mondo della giustizia ha già un nome. Si chiama “magistratopoli” e coinvolge anche il mondo del giornalismo. È bastato infatti un trojan nel telefono di Luca Palamara, ex consigliere Csm ed ex presidente dell’Anm, per scoprire la confidenzialità tra alcune Procure e alcune redazioni. Dalle intercettazioni emerge una clamorosa complicità tra grandi firme e magistrati che hanno spinto Carlo Verna, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, a intervenire. Lui che prima di fare il giornalista era avvocato. Ma prima facciamo un passo indietro. Partiamo dalle intercettazioni pubblicate da Libero con le conversazioni tra pm e giornalisti. Ci sono Liana Milella e Claudio Tito di Repubblica, Giovanni Bianconi del Corriere. Quando il 29 maggio esplode il caso Palamara, Milella lo chiama e gli racconta di aver appreso dell’articolo leggendolo all’1.30 di notte e dice di aver sbagliato a non chiamarlo prima, ma non le avevano detto nulla dal suo giornale. Se l’avessero avvisata, «l’avremmo scritta, ma non in questo modo».



PALAMARA, LE INTERCETTAZIONI PM-GIORNALISTI

In un’altra conversazione, Luca Palamara spiega a Giovanni Legnini (ex vicepresidente Csm) la necessità di riequilibrare gli articoli usciti con Repubblica. «E tu dici che con Liana lo posso fare?». Legnini gli spiega che «Liana conta poco là dentro» e Palamara fa il nome di Claudio Tito. «Conta. Il tema è orientare il gruppo, adesso Repubblica su un linea diversa. Io non so il Fatto Quotidiano adesso La Verità, su cosa virerà perché la loro posizione è contro Pignatone», gli risponde Legnini. Palamara allora spiega che deve parlare «pure con Repubblica». Legnini si propone, spiegando di avere «rapporti al massimo livello», ma Palamara replica: «Io con Claudio Tito ho un rapporto». Legnini allora risponde: «Lo conosci bene e allora parla con lui deve passare la linea della vendetta nei tuoi confronti». Non si è fatta attendere la risposta di Milella su Repubblica, dove parla di «normalissime conversazioni», come quelle che intercorrono tra un giornalista e la sua fonte. «Nessuna “merenda” di mezzo. Neppure un panino. Solo la fatica di scoprire dei retroscena. La fatica che il cronista onesto fa ogni giorno per scrivere un articolo. Nessun gioco. Nessun patto. Nessun favoritismo. Solo notizie».



MILELLA VS FELTRI: “MA QUALI COMPAGNI DI MERENDE”

Liana Milella spiega che il suo interesse era capire come si sarebbero schierate le correnti della magistratura nella scelta del procuratore di Roma. E voleva sapere da Luca Palamara, che aveva fatto domanda per la procura di Torino, dove avrebbe preferito andare. «“Ti metto a Torino?” Chiedo a Palamara. Ditemi voi cosa c’è di così “infame” in questa domanda». Sulla vicenda era intervenuto anche Vittorio Feltri attraverso le colonne di Libero, che ha pubblicato le intercettazioni. Dopo aver premesso che non gli sono mai piaciute perché «vengono trascritte alla carlona e tradiscono spesso il pensiero degli intercettati» e che «fra toghe e cronisti è normale si instauri un clima di rispettosa collaborazione», ha spiegato qual è secondo lui il problema. «Siamo di fronte a una sorta di inquinamento che non giova né ai miei colleghi scribi né agli amministratori della giustizia». Feltri ritiene che «quando pm e giornalisti diventano compari di merenda e intrecciano relazioni tese a incidere sulla corretta informazione, disinteressata, allora è bene che il pubblico sappia con chi ha a che fare». Parla di un limite da non superare per «non creare una sorta di complicità indigeribile». E spiega che si configura «una sorta di sodalizio che, se non è sporco, non è neanche pulito».



E arriviamo a Carlo Verna, presidente del Consiglio nazionale dell’Odg, che in un’intervista a Il Riformista ha spiegato: «Se fosse confermato, penso dovrebbe riunirsi ed esprimersi il Comitato di Redazione di Repubblica, chiederne conto all’interessata e poi investire del caso il Consiglio di Disciplina del Lazio». Ma ha anche avvertito la categoria: «Il bravo giornalista è quello che non cede a farsi megafono ma studia, domanda, approfondisce».