Uno sfogo di circa 8 ore nell’ultima udienza davanti al gup di Perugia Piercarlo Frabotta: l’ex Anm e Csm Luca Palamara dà la sua definitiva versione dei fatti in merito all’inchiesta per corruzione che ha portato i pm perugini a chiedere il rinvio a giudizio. L’ex “re” nelle Procure, protagonista di quel “Sistema” che si poneva l’intento di influenzare decisioni e nomine nella magistratura, racconta di non essere mai stato oggetto di corruzione e che ogni decisione presa era completamente sua: «Oggi per la prima volta sono entrato nel merito dei fatti che mi vengono contestati e ho dimostrato documentalmente la mia estraneità a qualsiasi forma di corruzione, di non aver ricevuto pagamenti e di non aver pagato lavori di ristrutturazione.
Mai sono stato il servo di nessuno e mai avrei potuto esserlo di Fabrizio Centofanti con il quale ho avuto un rapporto di frequentazione con magistrati e uomini delle istituzioni e non un rapporto di clandestinità», questo ha raccontato Palamara nelle dichiarazioni spontanee fatte davanti ai giudici di Perugia. «Non si possono ingannare i cittadini dicendo che ci sono state cene in cui si decidevano le nomine», prosegue l’ex consigliere del Csm, smentendo le dichiarazioni rese da Centofanti lo scorso giugno, «Ovvio che in questa fase chi è stato coinvolto cerchi di liberarsi ma io andrò fino in fondo per dimostrare la correttezza del mio operato».
LA VERSIONE DI PALAMARA
Secondo Palamara, il processo non può essere una sorta di “regolamento di conti” tra accusa e difesa: «Tutte le anomalie che sono emerse sono state per noi la spia di qualcosa che non ha funzionato. L’ipotesi è che in realtà i problemi sono altri, legati al trojan e all’hotel Champagne (dove si discusse della nomina del procuratore di Roma, ndr): in qualche modo mi si doveva cucire addosso il vestito del corrotto», sottolinea l’ex presidente dell’Anm. Nonostante quanto affermato da Centofanti, Palamara smentisce categoricamente qualsivoglia cena per decidere le nomine dei procuratori alla presenza del lobbista: «Le nomine sono sempre state il frutto di accordi tra correnti – ha rimarcato Palamara -. Troppo facile rendere dichiarazioni basandosi sulle mie chat e leggendo i miei interrogatori. Non bisogna ingannare i cittadini. Nessuno, e dico nessuno, ha influenzato le scelte e le decisioni da me fatte. Se altri vogliono raccontare situazioni diverse, e il riferimento è ad Amara, non si deve tirare in mezzo chi non c’era, cioè me. Io sono un uomo delle correnti e lì dentro operavo. Perché avrei dovuto portare Centofanti? Non c’è un motivo logico». Nell’udienza di Perugia, l’ex Csm ha confermato di aver saputo dell’indagine a suo carico nel dicembre 2017 dall’ex Procuratore di Roma, oggi Presidente del Tribunale Vaticano, Giuseppe Pignastone: in merito invece della cena di “commiato” tra Palamara e Pignatone, che non risulta presente nelle intercettazioni effettuati dal trojan presente nello smartphone, l’ex giudice si chiede come sia possibile che proprio «Pignatone ad autorizzare l’utilizzo dei server a Roma per azionare il trojan lo abbia invitato ad una cena ristretta».