E’ stata scoperta a Palermo una banda di trafficanti di uomini: 14 le persone finite in manette, e altre 4 sono tutt’ora ricercate dalle forze dell’ordine. Tutte le persone arrestate sono straniere e le accuse nei loro confronti sono quelle di associazione a delinquere transnazionale. Nel dettaglio, la banda è accusata, come scritto poco fa da Il Giornale di Sicilia, di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, esercizio di attività abusiva di prestazione di servizi di pagamento e altri delitti contro la persona, l’ordine pubblico, il patrimonio e la fede pubblica; reati aggravati dalla transnazionalità. L’indagine ha permesso di sgominare una vera e propria organizzazione criminale con delle cellule in Africa ma anche in altri paesi europei, che agiva su due diversi fronti ma strettamente collegati fra di loro: l’immigrazione clandestina, e nel contempo, l’abuso di attività di intermediazione finanziaria tramite il cosiddetto metodo “hawala”, ovvero, farsi pagare il viaggio dai migranti o la loro liberazione dai centri lager in Libia.
PALERMO, 14 ARRESTATI PER FAVOREGGIAMENTO DI IMMIGRAZIONE CLANDESTINA: UN’INDAGINE INIZIATA ANNI FA
Un’inchiesta che è il proseguo di altre due indagini condotte fra il 2013 e il 2017, che avevano permesso di individuare numerosi trafficanti di essere umani sul Mediterraneo. Gli indagati attendevano i migranti in Sicilia, per poi permettere ai poveretti di scappare dai centri di accoglienza dove erano ospiti, nascondendoli in altri luoghi, e fornendo loro documenti falsi e titolo di viaggio. Dopo di che, si assicuravano il loro viaggio verso il centro/nord Italia, e poi, verso il nord Europa e anche gli Stati Uniti, ovviamente, in cambio di un lauto compenso. Tramite l’indagine che ha portato ai 14 fermi si è potuto acclarare per l’ennesima volta le condizioni disumane in cui molti migranti vengono rinchiuse nelle temute “safe house” libiche, che tutto sono tranne delle case di sicurezza: «Sono stati raccolti elementi indiziari – fanno sapere gli inquirenti, come riporta Gds – sia dalle dichiarazioni che dalle attività tecniche di intercettazione a carico di numerosi trafficanti di esseri umani, operanti in Libia e Sudan e gestori direttamente di alcune safe house, purtroppo non compiutamente identificati nonostante le richieste di cooperazione internazionale in tal senso e su cui sono tuttora in corso le indagini per la identificazione».