La Procura di Palermo ha aperto un’inchiesta sulla morte di Abou Diakite, il 15enne morto dopo lo sbarco d’urgenza della nave quarantena Allegra. L’obiettivo è ricostruire le cause della morte del minorenne originario della Costa D’Avorio. Il ragazzo, sbarcato il 10 settembre, è stato trasferito sulla nave quarantena Allegra il 18 settembre. Dieci giorni dopo è stato visitato a bordo dalla Croce Rossa che in un referto ha scritto che non si nutriva da 3 giorni e risultava apiretico all’ispezione. Come ricostruito da la Repubblica, la situazione si è aggravata il giorno dopo. I sanitari, non avendo a disposizione strumentazioni diagnostiche adeguate, hanno disposto il ricovero in ospedale, quindi il 30 settembre il minore è arrivato in ambulanza all’ospedale Cervello. Una volta ricoverato per polmonite, gli è stato riscontrato forte stress post-traumatico oltre ad un “grave stato di denutrizione e disidratazione volontaria”. Entrato in coma, Abou Dakite è stato trasferito poi all’ospedale Ingrassia perché al Cervello non c’erano posti in rianimazione. Poi il decesso. Con l’abbandono dei decreti Salvini la situazione non sembra migliorata, anzi si registra il decesso del 15enne. Il Governo aveva promesso sicurezza, ma forse sta ottenendo l’effetto opposto. Più che un “superamento” dei decreti Salvini, potrebbe esserci stato un passo indietro.



15ENNE MORTO DOPO SBARCO: LA RICOSTRUZIONE

Sulla vicenda del 15enne morto sono intervenute Open Arms ed Emergency con un comunicato ufficiale in cui ricostruiscono gli ultimi giorni di vita di Abou Diakite. Al momento del salvataggio, avvenuto il 10 settembre, secondo il medico di Emergency presente a bordo, “Abou non riportava sintomi particolari, se non una forte denutrizione, comune alla maggior parte delle persone che erano sulla sua barca”. Una settimana dopo ha cominciato ad avere la febbre e ad avvertire un forte dolore lombare, quindi “è stato subito condotto nell’ambulatorio della nave”, dove peraltro è stata certificata la sua negatività al coronavirus. Qui è stato reidratato per via endovenosa, gli è stato somministrato del paracetamolo e una terapia antibiotica. I medici hanno ipotizzato “una possibile infezione alle vie urinarie”. Il ragazzo ha quindi lasciato l’ambulatorio con la febbre che era scesa. “Secondo lo staff medico, le cicatrici presenti sugli arti di Abou non sembravano riconducibili a torture o maltrattamenti recenti”. Un amico, che ha mediato le comunicazioni con il ragazzo a causa della barriera linguistica, ha raccontato che risalivano al periodo dell’infanzia.



“SERVONO TEMPI BREVI E STRUTTURE ADEGUATE”

La mattina del 18 settembre Abou Dakite è stato visitato nuovamente in quanto, scrivono Emergency e Open Arms, aveva ancora un po’ di febbre, “ma era in condizioni generali migliori”. Al 15enne è stato somministrato nuovamente un antibiotico e un trattamento reidratante, poi è stato sottoposto ad un’ecografia addominale “che non ha rivelato nessun problema evidente”. Sottoposto ad un secondo test per il Covid, il minorenne è risultato ancora negativo. “Abou è stato tenuto in osservazione per circa due ore, durante le quali non ha dato segni particolari di malessere e ha chiesto di poter avere qualcosa da mangiare”. Poi è stato trasferito sulla nave Allegra per la quarantena, mentre il medico di Emergency consegnava al medico della Croce Rossa una relazione sulle condizioni del paziente. “Al momento dello sbarco, Abou sembrava stare meglio: era salito sul rhib con le sue gambe e comunicava sia con lo staff, sia con gli altri ragazzi”. Emergency e Open Arms hanno concluso il comunicato ribadendo che le persone che vengono soccorse in mare “vengano fatte sbarcare in un porto sicuro nel più breve tempo possibile e che venga loro permesso di trascorrere i giorni di quarantena in strutture adeguate dove vengano garantite loro le cure necessarie e dove i loro diritti vengano rispettati”.

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