A Palermo un ragazzo di 13 anni è morto suicida nella giornata di sabato, approfittando di un momento in cui era stato lasciato a casa da solo dai suoi genitori, che hanno fatto anche il macabro ritrovamento. Immediato l’intervento delle forze dell’ordine e dei paramedici del 118, i quali però non hanno potuto far altro che constatarne l’avvenuto decesso, mediante impiccagione. Contestualmente, la Procura di Palermo ha aperto due fascicoli, uno a carico di quella generale ed uno di quella dei minori, per appurare le ragioni che si nascondono dietro alla morte suicida del ragazzo di 13 anni, battendo prioritariamente la strada del bullismo ipotizzata da alcuni compagni di classe ed amici, secondo i quali era costantemente denigrato.



Palermo, ragazzo di 13 anni muore suicida: la procura indaga per bullismo

La scoperta del corpo senza vita del ragazzo di 13 anni, morto suicida a Palermo, sono stati, insomma, i suoi genitori, che hanno immediatamente dato l’allarme, continuando tuttora a dirsi increduli per l’accaduto. Similmente, anche l’istituto scolastico che frequentava, la scuola media Vittorio Emanuele Orlando in via Lussemburgo, ha espresso il suo cordoglio per i familiari, annunciando l’interruzione delle attività e delle uscite didattiche per la giornata di oggi.



Secondo quanto emerge allo stato attuale, le forze dell’ordine di Palermo hanno sequestrato tutti i dispositivi elettronici di proprietà del ragazzo di 13 anni morto suicida, che sicuramente si riveleranno utili per ricostruire l’interezza della vicenda. Dopo aver sondato brevemente l’ipotesi che potesse trattarsi di una challenge mortale di quelle che circolano sui social, poi abbandonata forse in via definitiva, gli inquirenti hanno iniziato ad ipotizzare che il ragazzo di 13 anni abbia deciso di morire suicida per via del bullismo che subiva a scuola, anche da parte dei compagni di classe. Dai fascicoli di indagine riportati dall’ANSA, emergerebbe come in diverse chat il ragazzo sarebbe stato costantemente denigrato per via del suo orientamento sessuale, con amichetti e compagni che gli ripetevano “gay”, forse spingendolo all’estremo gesto anche per via di altre vessazioni, magari anche fisiche. Il condizionale resta d’obbligo comunque fino ad ulteriori approfondimenti in sede di indagine.

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