QUALE REGIME A GAZA DOPO HAMAS: IL PIANO USA, LE MIRE DELL’IRAN E IL DIALOGO TURCHIA-QATAR
Il futuro di Gaza (e della Palestina) può davvero essere deciso alla Casa Bianca? Dopo l’ultimo vertice a Ramallah in Cisgiordania tra il Segretario di Stato Usa Antony Blinken e il leader dell’Anp Abu Mazen, il piano Usa è stato presentato e in parte anche accettato dal fronte palestinese “moderato”. Sono tre i principali passaggi indicati dall’amministrazione Biden per fermare la guerra in Medio Oriente: l’eliminazione radicale di Hamas da Gaza, la creazione di una forza internazionale di pace sotto egida dell’Onu – con militari arabi e anche europei – e infine l’affido del governo della Striscia all’Anp, che già amministra la Cisgiordania.
Resta però appunto da capire se il mondo arabo potrà accettare che il futuro della Striscia di Gaza, oltre che la caduta delle milizie sciite di Hamas, sia orientato dall’accordo Usa-Ue-Nato di fatto alleati di Israele. I continui incontri di questo primo mese di guerra in Medio Oriente tra i leader di Hamas, Iran e Hezbollah fanno ben intuire come Teheran vuole essere il cardine sul quale far girare l’intero conflitto, con rischi concreti di scontri su ampia scala tra Occidente e mondo islamico. Non solo, il ruolo di mediazione di Turchia e Qatar continua ad essere un tema non da poco nelle già complicate trattative diplomatiche per arrivare a quel “cessate il fuoco” che tanto Onu quanto il Vaticano ripetono da giorni su Gaza. Il capo dell’ufficio politico di Hamas, Ismail Haniye, fa la spola ormai da giorni tra Ankara e Doha, oltre che Teheran, per coordinare le prossime mosse di guerra contro Israele: di contro, Erdogan continua a presentarsi come “mediatore per la pace”, rompendo i colloqui con Netanyahu ma tenendo sempre i fili della diplomazia “sotto traccia” con gli sherpa israeliani e di Hamas. Intanto a margine del summit oggi ad Ankara tra i responsabili della diplomazia bilaterale, Turchia e gli Usa si dicono d’accordo «riguardo alla necessità di impedire che i civili vengano colpiti a Gaza, sulla necessità di inviare aiuti umanitari e sulla soluzione a due Stati del conflitto tra Israele e Palestina». Lo hanno detto fonti diplomatiche all’agenzia Anadolu parlando dell’incontro tra il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan e il Segretario di Stato Usa Antony Blinken.
GUERRA IN PALESTINA: IL PIANO DI VON DER LEYEN (NON CONDIVISO DA TUTTA L’UE)
«Ci assumeremo pienamente le nostre responsabilità ma nel quadro di una soluzione politica globale che includa tutta la Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est e la Striscia di Gaza»: così ha spiegato il leader dell’Autorità Palestinese, Abu Mazen dopo l’incontro con Blinken, un’apertura al piano Usa subito controbilanciata dalla richiesta finora ritenuta inaccettabile da Tel Aviv, «Israele fermi l’attacco e riconosca la possibilità dei due Stati». Il futuro della Palestina è dunque sempre più un rebus, sempre tenuto conto che Hamas realmente possa essere sradicato da Gaza senza portare alla catastrofe umanitaria per i civili della Striscia.
Oggi intanto è emerso da Bruxelles un ulteriore piano di mediazione diffuso dalla Presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen: «Gaza non può essere paradiso per i terroristi, Hamas non può ricostruire la sua base nella Striscia». Per la leader europea, serve una missione di pace internazionale sotto l’Onu, con un’autorità palestinese «a governare un effettivo Stato palestinese» e infine le forze israeliane «non possono stare a Gaza, non ci deve essere espulsione dei palestinesi dalla Striscia e il blocco deve terminare». Insomma una missione simile a quella americana ma con la realizzazione di due Stati divisi e indipendenti l’uno dall’altro: ma con il passo avanti di Von der Leyen, dall’Europa arriva subito la frenata, «È la prima volta che ne sentiamo parlare», dichiara un alto funzionario del Consiglio Ue a proposito delle idee di pace per il Medio Oriente avanzate dalla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. Al momento insomma appare che Von der Leyen non si sia coordinata prima con il Consiglio Ue o gli Stati membri.