Difficilissimo districarsi per chi vive in Occidente nel caotico quadro della (impossibile?) convivenza israelo-palestinese, soprattutto in una realtà complessa come Gerusalemme. Dopo essere stata divisa in due tra Israele e Giordania per decenni, la parte est della città venne occupata dall’esercito israeliano dopo la guerra del 67. Da allora il quartiere Gerusalemme Est è quello dove vivono la maggior parte degli arabi residenti nella città, ma anche qui bisogna fare attenzione a una ulteriore sottodivisione, come ci ha spiegato in questa intervista Alessandra Buzzetti, corrispondente da Gerusalemme per Tv2000: “Una parte sono i cittadini che vennero qui collocati dopo la guerra del 48 dalle autorità giordane in accordo con l’Onu, altri sono famiglie che vivono qui da secoli”.
Di questo secondo gruppo fa parte la famiglia Jarrah, che dopo cinque anni di battaglie legali, “benché non ci sia ancora una sentenza definitiva dell’Alta corte, è stata sfrattata dalla sua abitazione, che è poi stata demolita” ci ha detto ancora Buzzetti. Questi ultimi non fanno parte delle persone anch’esse minacciate di sfratto per lasciare posto ai coloni ebrei che diedero vita agli undici giorni di conflitto nel maggio scorso, “ma il piano perseguito da Israele è comunque lo stesso: cacciare da Gerusalemme quanti più palestinesi possibile”.
Ci puoi spiegare esattamente perché questa famiglia palestinese è stata sfrattata e la loro casa demolita? C’è un legame con le tensioni e gli scontri del maggio scorso?
No, sono due cose diverse. Bisogna capire qual è la reale situazione a Gerusalemme. Nella parte est, nel quartiere che si chiama Sheikh Jarrah, vive la principale comunità araba. C’è un secondo quartiere, ma è più che altro un campo per rifugiati. Queste persone hanno una carta di identità israeliana, ma non il passaporto, perché lo rifiutano loro stessi per non riconoscere l’autorità di chi ha occupato la loro terra dopo la guerra del ’67. Hanno uno status particolare.
Quindi sono da distinguere dagli sfollati arrivati dopo quella guerra? Sono gente che viveva già qui?
Esatto. Il problema è che le loro proprietà sono difficilmente dimostrabili dal punto di vista legale e tutto si gioca su questioni legali difficilissime da risolvere. Di fatto, negli ultimi anni è in atto un tentativo di mandare via più palestinesi possibili. Lo sfratto avvenuto nelle ultime ore è il primo da almeno cinque anni: riguarda una proprietà di un ricco arabo che aveva venduto a questa famiglia palestinese un pezzo di terra. Alcuni anni fa il comune di Gerusalemme ha espropriato questa terra, dicendo che era destinata a uso pubblico. La famiglia si è opposta, è iniziata una battaglia legale e ora, nonostante manchi la sentenza definitiva, un giudice ha dato ordine di sfratto e di demolizione.
Ma è vero che questa terra adesso è destinata alla costruzione di una scuola per bambini disagiati palestinesi?
Sì, però non viene detto che a pochissima distanza è stata costruita una scuola per bambini di famiglie ultraortodosse che vivono tutt’intorno. Vuol dire che comunque, secondo la strategia in atto, i coloni ebrei continuano ad aumentare.
Il partito arabo che fa parte del governo cosa dice? Si corre il rischio di una crisi?
Chiaramente il partito arabo, ma anche la sinistra israeliana, hanno detto che si tratta di una provocazione, che si potevano trovare altre aree per costruire la scuola. Bennett cammina sulle uova, ma d’altro canto lui era il leader dei coloni che stanno occupando la Cisgiordania.
L’autorità palestinese ha parlato di crimine di guerra: siamo davanti a una possibile intifada?
Tensioni e tafferugli sono quotidiani. Abu Mazen ha detto quello che doveva dire, ma la sua popolarità tra i palestinesi è ai minimi storici. Solo Hamas potrebbe intervenire, ma dubito che lo faranno. Non conviene a nessuno. Dopo una guerra come quella che si è vista a maggio ci vorranno almeno due anni prima di una nuova escalation a breve, perché entrambe le parti fanno i conti con seri problemi economici.
(Paolo Vites)
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