Sono molti gli aspetti non chiari della vicenda del pallone-spia cinese che ha attraversato il cielo del Montana. Molte domande, ma al momento nessuna risposta. Ci si chiede, ad esempio, perché sia stato scelto uno strumento facilmente rilevabile dai sistemi di difesa e la logica di una decisione così rischiosa a pochi giorni dalla visita a Pechino, concordata a novembre, del segretario di Stato Antony Blinken. In definitiva, c’è da chiedersi perché i cinesi abbiano deciso di operare in un modo così poco conveniente dal punto di vista operativo e quali interessi essi abbiano nell’alzare la tensione con gli Stati Uniti.



Alcuni analisti sostengono che il pallone-spia sia servito per testare i sistemi di controspionaggio americani, mentre per altri rappresentava uno strumento di pressione in visita della visita di Blinken. Quello che c’è di certo in questa vicenda è che generalmente l’efficienza dei sistemi satellitari rende superfluo il ricorso ai palloni-spia e che più volte in passato si sono registrati casi come quello avvenuto nei cieli del Montana, ma non sono stati resi pubblici.



Inoltre, da questa vicenda il governo cinese non sembra uscire benissimo. Le dichiarazioni dei portavoce cinesi non hanno messo in una posizione di forza il governo di Pechino, che ha oscillato fra il formale rammarico espresso per una crisi causata da quello che è stato definito una “navicella aerea” ad uso meteorologico e scientifico andato fuori rotta e il palese disappunto dopo che il pallone-spia è stato abbattuto da un missile aria-aria lanciato da un F-22, il gioiello dell’aviazione militare americana. Una crisi che irrigidisce le posizioni delle due diplomazie nel momento in cui la Cina aveva la necessità di riavviare una politica di apertura per fronteggiare le conseguenze delle restrizioni della politica zero-Covid e trovare un boost per la crescita economica ferma nel 2022 al 3%, dato tra i più bassi degli ultimi decenni.



A riguardo il Fmi aveva definito la ripresa dell’economa cinese a rischio di “un alto livello di incertezza”, ovvero una formula per edulcorare ciò che più volte abbiamo definito come il palesarsi dei limiti strutturali del modello di sviluppo cinese che riguardano la dinamica della domanda interna, le criticità del sistema finanziario e immobiliare, il gap tecnologico e la demografia anemica.

A fronte di una situazione così complessa c’è da chiedersi se la questione del pallone-spia non sia un ulteriore colpo alla leadership di Xi Jinping che non sembra essere salda come un tempo. C’è chi ipotizza che questa vicenda sia stata gestita in autonomia dall’esercito cinese che in realtà punterebbe a sabotare qualsiasi forma di riavvicinamento con gli Usa e quindi qualsiasi tipo di politica che metterebbe a rischio la “riunificazione” con Taiwan. Indipendentemente dalla veridicità di uno scenario in cui l’Esercito popolare di liberazione e Xi sono in contrasto, è evidente che dalle parti di Washington c’è stato chi non si è fatto sfuggire l’occasione per rendere ancora più difficili le relazioni con Pechino. Mentre la strategia americana nel Pacifico per isolare la Cina continua implacabile rendendo più stretti i rapporti con gli alleati, Xi si è trovato a fare i conti con una piccola crisi che però contribuisce a rendere meno credibile la sua leadership.

È molto probabile che la questione del pallone-spia sia destinata a sgonfiarsi finendo, così, ad arricchire la lunga lista degli eventi poco chiari della fase convulsa che stiamo vivendo, ma indubbiamente rappresenta un altro episodio che rende più accesa la competizione strategica fra le due potenze, che al momento vede un contendente in difficoltà e l’altro che potrebbe pensare di usare a suo vantaggio la congiuntura favorevole e l’attuale superiorità militare e tecnologica. Una fase incerta e instabile in cui c’è il rischio che un sostanzialmente innocuo pallone-spia possa fare più danni dell’invio di un centinaio di Leopard in Ucraina.

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