Quando lo conobbi nell’ormai lontano 1977 tra i chiostri dell’Università Cattolica era già un enfant prodige: a poco più di 20 anni segretario europeo dei giovani democristiani oltre che brillante studente di filosofia, di quelli che ti fanno arrabbiare perché prendono sempre 30 e lode studiando la metà di quello che fai tu. Poi l’anno dopo nasce il Movimento Popolare e Marco Palmisano si trasferisce armi e bagagli nella storica sede di Via Copernico a Milano diventandone l’anima organizzativa, il tessitore di rapporti, il braccio destro del fondatore e presidente Roberto Formigoni. Una stagione entusiasmante che ricordava sempre con orgoglio e grande coinvolgimento emotivo. E’ in quell’ambito che conosce Silvio Berlusconi e nel 1985 gli viene proposto di andare a occuparsi di comunicazione nell’allora nascente Gruppo Fininvest. Dal quel momento la vita di Marco Palmisano sarà all’insegna di un obiettivo preciso: comunicare la fede cristiana attraverso i mass media, in particolare la televisione generalista.
Una sfida continua la vita di Marco Palmisano, morto prematuramente a 65 anni sabato scorso. Una sfida che poneva innanzitutto a sé stesso reinventandosi continuamente ma mantenendo sempre la stella polare della fede cristiana incontrata in famiglia e poi nella comunità di Comunione e Liberazione. Una sfida per tutti coloro che incrociavano la sua vita chi per poco, chi come chi scrive per tanti anni. Nella durezza di un temperamento difficile, di un’intelligenza inquieta, della continua ricerca di nuove strade da battere nella professione come nella vita privata, chiunque poteva scorgere in Marco i segni di una presenza eccezionale, di un richiamo talora scomodo ma motivante, di una perenne messa in discussione delle proprie certezze ideologiche. Una fede incarnata, mai separata spiritualisticamente dalla concretezza della vita e quindi esposta continuamente al rischio della verifica, al confronto con le circostanze quotidiane come gli aveva insegnato da ragazzo don Giussani
Un vulcano di idee e iniziative è stato Marco. Nel 1994 fonda il Club Santa Chiara, associazione trasversale a tutte le professioni della comunicazione, un’idea davvero innovativa per i tempi che ha coinvolto migliaia di professionisti e prodotto frutti importanti come il Premio Santa Chiara assegnato a personaggi del calibro di Mike Buongiorno, Ettore Bernabei, Paolo Mieli, Jerry Scotti, Andrea Tornielli, Antonio Ricci e tanti altri. Il Club ha coprodotto tra l’altro una serie documentaristica sui santi che ha avuto un grande successo di pubblico e che proprio in questi giorni viene riproposta da TV2000. Neppure l’impatto con la malattia nel 2001 riesce a fermarne l’impeto anche se lo segna profondamente. Ne esce nel 2006 grazie all’incontro con la dottoressa Giovanna Bardellini che diventerà sua moglie e lo accompagnerà amorevolmente in questi anni diventando protagonista con lui di molte nuove iniziative alle quali Marco – uscito dal gruppo Mediaset nel 2013 – si dedica ormai a tempo pieno.
La sua vicenda sanitaria e umana diventa un felice spunto di comunicazione. Nel 2008 esce un libro “Un angelo mi ha salvato” che diventa subito un best seller: Marco, dopo aver fatto per anni televisione dietro le quinte, ne diventa un protagonista partecipando a talk show e trasmissioni di intrattenimento e dimostrando una straordinaria vena di polemista efficace ma sempre garbato.
Poi negli ultimi anni ancora altre iniziative come l’Associazione Laici e Cristiani nata allo scopo di generare una nuova generazione di politici cattolici, e l’ultima, forse la più amata, la Custodia di San Giuseppe, una confraternita laicale che riprende la missione di santificare il mondo del lavoro presieduta dall’amico di sempre Guido Confalonieri.
Ora dopo tanto fare c’è silenzio, e il silenzio è la suprema forma di comunicazione. Un silenzio che non è solitudine o smarrimento ma è pieno di Misericordia: l’ultima sfida di Marco Palmisano.
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