Gli anticorpi monoclonali presto potrebbero essere somministrati anche a casa. Lo ha confermato Giorgio Palù, presidente dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa). «In molti casi si potrà intervenire a casa del paziente senza dover ricoverarlo e intasare i pronto soccorso o le aree mediche degli ospedali», ha dichiarato nell’audizione in Commissione Affari costituzionali del Senato sul ddl relativo agli obblighi vaccinali e al rafforzamento delle certificazioni. Si tratta di anticorpi monoclonali di seconda generazione. Palù ha spiegato che «andranno sempre somministrati entro 72 ore dall’esordio della malattia». Se rispetto al vaccino cominciano a fare il loro lavoro contro il coronavirus dopo poche ore, il loro effetto è temporaneo, perché non insegnano all’organismo a produrne.



A confermare l’utilità degli anticorpi monoclonali è Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova. «Manteniamo il rapido turn over (circa cinque giorni di ricovero) del nostro reparto, anche grazie all’utilizzo massivo degli anticorpi monoclonali, con oltre 50 trattamenti nell’ultima settimana», ha dichiarato l’infettivologo.



SOTROVIMAB EFFICACE CONTRO VARIANTE OMICRON

Gli anticorpi monoclonali sembrano efficaci contro la variante Omicron. Questo è il caso, ad esempio, di Sotrovimab, che è stato sviluppato da GlaxoSmithKline e Vir Biotechnology. Dai primi test svolti in laboratorio sembra efficace contro questa variante. Infatti, George Scangos, amministratore delegato di Vir, ha osservato una risposta solo lievemente più debole del farmaco alla variante Omicron, ma la differenza non è significativa. «Rimaniamo fiduciosi che il Sotrovimab continuerà a dare benefici significativi nelle cure tempestive dei pazienti che sperano di evitare le conseguenze più gravi del Covid-19», ha dichiarato come riportato da Il Giornale.



Invece c’è da aspettare ancora per gli anticorpi monoclonali made in Italy. Lo scienziato Rino Rappuoli, che lavora al progetto di Siena, ha ammesso: «Siamo in una fase 2-3 che sta andando a rilento. Ci sono 14 centri per la sperimentazione in tutta Italia ma gli unici che sembrano funzionare sono qui in Toscana. In questa Regione si è trovato un modo per reclutare le persone, in altri territori non si è riuscito a fare lo stesso. Stiamo andando lentamente nel fare le prove cliniche e forse in Italia dovremmo organizzarci meglio».