Il professor Giorgio Palù è tra gli esperti italiani uno dei primi che ha lasciato aperta l’ipotesi che il coronavirus possa essere stato creato in laboratorio. Un dubbio che permane e che conferma: «Non si sa con certezza, ma ha la stranezza di un’inserzione di dodici nucleotidi in un sito del gene S non soggetto a ricombinazione. Questo ha reso in origine il virus particolarmente infettivo. Non si può dunque escludere una manipolazione». Il professore emerito di Virologia all’Università di Padova, che nel frattempo è diventato presidente dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) e membro del Comitato tecnico scientifico (Cts), ne ha parlato in un’intervista a La Stampa, spiegando che non ci sarebbe da sorprendersi se emergesse che il Covid è uscito da un laboratorio.
«È già successo in passato. Può capitare se non si rispettano le misure di sicurezza necessarie per il contenimento di agenti ad alta patogenicità. Quello che è certo è che i cinesi non hanno contribuito a far luce sulla questione». Dunque, per Giorgio Palù le ipotesi sull’origine del Covid restano sempre due: «La prima è che il virus sia passato dal pipistrello all’uomo, eventualmente tramite un ospite intermedio, e la seconda che sia uscito per errore da un laboratorio».
PALÙ SU OBBLIGO VACCINALE E GREEN PASS
Tornando all’attualità, Giorgio Palù ha sfatato il tabù dell’obbligo vaccinale. «Esiste già per alcune categorie professionali e lo decide la politica non il Cts, organo di consulenza», ha dichiarato a La Stampa. Quel che va valutato ora per lui è «l’impatto biologico, clinico ed epidemiologico del virus». Considerando che le categorie che ora sono più colpite sono 5-11enni e 40-50enni, allora «sarebbe auspicabile che almeno i dipendenti della pubblica amministrazione e le forze dell’ordine fossero obbligati a vaccinarsi essendo a stretto contatto con la popolazione». Per il momento esclude, dunque, l’ipotesi di un obbligo vaccinale per tutti. «Resta la soluzione estrema da valutare in base all’andamento della pandemia. Certo non siamo ancora alla situazione austriaca». Per quanto riguarda invece il Green pass, il numero uno dell’Aifa si limita a dire che «potrebbe essere rafforzato per alcune attività, stanti i limiti tecnici del tampone sia antigenico sia molecolare». Anche lui, come l’altro membro del Cts Fabio Ciciliano, ritiene ragionevole la proposta di abbassare la durata del Green pass a 9 mesi. Dopo la terza dose si valuterà la durata in base ai dati scientifici.
TERZA DOSE, BAMBINI E FARMACI
A proposito della terza dose, si sta valutando di estenderla a tutti: «L’Fda americana l’ha autorizzata dai 18 anni e anche da noi l’opportunità sarà presto valutata». Non si è invece sbilanciato sulla vaccinazione dei bambini, anche perché gli enti regolatori non si sono ancora espressi: «Entro fine novembre l’Ema dovrebbe pubblicare la sua valutazione rischi-benefici e successivamente l’Aifa si esprimerà». La situazione attuale comunque non lo sorprende anche se c’è una crescita del contagio: «Grazie ai vaccini non è esponenziale. L’Italia non può lamentarsi. Tutta Europa sta peggio, perché meno vaccinata». Il motivo però non è legato solo ai non vaccinati, né si può ridurre al calo dell’immunità. Per Giorgio Palù i fattori di cui tener conto sono quattro: «Il clima invernale che facilita la diffusione aerea del virus, la variante Delta più contagiosa, i non vaccinati e il calo dell’immunità». In ogni caso, non si possono fare previsioni per il futuro. «L’unica sicurezza è la protezione data dai vaccini, da rafforzare con la terza dose». Infine, ha parlato dei farmaci, che non rendono meno fondamentali i vaccini, ma sono armi complementari. «I farmaci sono terapie per chi ha già la malattia in atto. I vaccini prevengono l’infezione, la malattia e impediscono la circolazione del virus. Già Pasteur a metà ‘800 diceva che più del rimedio è utile la prevenzione. In ogni caso, per i malati è disponibile una nuova combinazione di monoclonali ed entro Natale si deciderà sugli antivirali Molnupiravil e Paxlovid, su cui abbiamo chiesto chiarimenti».