«Non è scontato che in poche settimane la variante Omicron diventi prevalente in Italia. Non abbiamo dati sufficienti per affermarlo»: a dirlo è il Presidente dell’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco), Giorgio Palù, in un’intervista al “Corriere della Sera” sulla situazione assai delicata dell’aumento di contagi Covid nel nostro Paese.



Con il Governo intenzionato a porre nuove restrizioni nel decreto discusso giovedì 23 dicembre prossimo in Cabina di regia, il virologo del Cts affronta di petto il nodo Omicron e i vari allarmi scatenatisi negli ultimi giorni: «non è scontato diventi dominante, ma in ogni caso è bene essere guardinghi e rafforzare le misure di protezione e prevenzione collettive ed individuali: vedi ricorso alla mascherina e al tampone. Le restrizioni in arrivo sono necessarie». Non è solo un tentativo di “rassicurare” la popolazione tramortita dagli allarmi e i potenziali ritorni di parole come “coprifuoco” o peggio “lockdown”, quella di Palù è un’analisi a fondo di quanto ancora (non) sappiamo della più recente variante VOC del Sars-CoV-2: «Noi attualmente ci basiamo sui dati del Sud Africa, dove il nuovo ceppo virale ha preso il predominio, sugli ancora preliminari dati epidemiologici europei e sui pochi studi eseguiti. Ma le condizioni del Sudafrica sono diverse. Oltretutto disponiamo di elementi troppo scarsi per trarne conclusioni e chi traccia scenari allarmistici appare quantomeno precipitoso».



VARIANTE OMICRON, IL MONITO DELL’AIFA

Di certo nel nostro Paese con la fase di sequenziamento molto bassa – siamo i penultimi in Ue con la Spagna, spiega ancora il Presidente Aifa – di variante Omicron ne stiamo scoprendo ancora molto poche: quello che però occorre valutare, aggiunge Palù, è che «non sappiamo però ancora esattamente se quella che viene descritta come maggiore capacità diffusiva di Omicron sia dovuta ad un processo infettivo più efficiente o ad una maggiore abilità di evadere l’immunità». Ad oggi dunque non è dato ancora sapere se la Omicron sia più o meno virulenta della Delta: «L’esperienza del Sud Africa che sembrerebbe indicarlo non fa testo. La popolazione sudafricana è più giovane di quella europea, il tasso di copertura vaccinale è intorno al 25% e attualmente il Paese si trova nell’estate australe». Secondo Palù, non basterebbero le due dosi di vaccino contro Omicron e dunque occorre spingere ancora per la campagna sul booster, del resto come avviene nella maggior parte dei vaccini: «è il completamento del ciclo come avviene per quasi tutti i vaccini. È uno schema che rientra nella storia della vaccinologia, non bisogna pensare che la necessità di fare i richiami è la prova del fallimento di questi anti Covid».

Leggi anche

Covid casi in aumento: +11% per variante Xec/ Pregliasco: "Dati sottostimati, preparare campagna vaccini"