Sono passati ormai quattro anni da quel tragico 31 gennaio 2018, quando i resti della giovane Pamela Mastropietro, 18enne romana, furono rinvenuti in due trolley. Il suo cadavere fu fatto a pezzi, dissanguato, candeggiato ed infine rinchiuso in due valigie, come un macabro rituale. Quindi furono lasciate sul ciglio di una strada fuori Macerata. Un dolore che da quattro anni trafigge Alessandra Verni, madre della 18enne uccisa, la quale continua a chiedere giustizia. Pamela scappò da una comunità nella quale era ospite. Qui la madre la vide l’ultima volta dieci giorni prima del suo delitto. “Mi ha raccontato che la notte vomitava, l’avevano portata dal medico, ma lui non sapeva nulla di questo problema di Pamela. Quando andavo da lei mi faceva sempre salire in camera, mi presentava le compagne di stanza, e voleva che le facessi la piastra”, ricorda oggi la donna a Il Resto del Carlino.



Era stata Pamela, secondo il racconto della madre, a decidere di entrare in comunità, ma le strutture psichiatriche per minorenne erano tutte occupate, “così siamo arrivati alla Pars di Corridonia. Pamela era contenta, voleva voltare pagina. Io credo che avrebbe smesso con l’eroina. Sapeva che dolore aveva passato, era decisa a cambiare e me lo aveva detto”, ha svelato la donna.



Pamela Mastropietro, parla la mamma: “Oseghale? Non accetterei riduzione pena”

Le indagini sull’omicidio di Pamela Mastropietro, hanno portato ad accusare il nigeriano Innocent Oseghale di aver violentato, ucciso e fatto a pezzi la 18enne. Altri due suoi connazionali furono indagati ma la loro posizione fu poi archiviata. “La procura di Ancona aveva avviato nuove indagini per cercare i complici, ma che fine hanno fatto?”, si domanda oggi la mamma di Pamela. Tante le domande della donna al momento senza risposte. La madre si è domandata se realmente sia state compiute indagini in modo consono, né sarebbero stati eseguiti controlli sulla terapia di Pamela in comunità.



Intanto Oseghale, già condannato in primo e secondo grado all’ergastolo, il prossimo 23 febbraio affronterà la nuova udienza in Cassazione. “Non accetterei una riduzione della pena. Non cerco vendetta, ma giustizia sì”, ha commentato la signora Alessandra. “Ogni volta è pesantissimo. Anche vivere è pesante di per sé, ma il processo è interminabile”, ha aggiunto, spiegando il suo stato d’animo ad ogni udienza. Ad aiutarla ad andare avanti, ha spiegato, è la fede, “e poi Pamela, che è un angelo ed è sempre con me. Lo vedo in tantissime cose”. La donna sta coltivando un progetto: “La mia idea è di creare una fattoria dove fare laboratori e terapie per i ragazzi e per le loro famiglie, perché se un ragazzo ha problemi spesso li hanno anche i genitori, e bisogna fare un percorso insieme, andare avanti insieme”.