Sono state depositate nella giornata odierna le motivazioni della sentenza di condanna in Cassazione per l’omicidio di Pamela Mastropietro, per il quale Innocent Oseghale è stato condannato all’ergastolo. Una condanna giustificata dai giudici con il fatto che il killer avrebbe agito con “freddezza e con capacità di previsione”. La sentenza, rammenta Il Messaggero, fu pronunciata lo scorso 23 febbraio e quattro mesi esatti giungono oggi le motivazioni. Il processo di terzo grado ha condannato in via definitiva l’uomo, accusato di aver ucciso la 18enne romana, allontanatasi dalla comunità di recupero. I suoi resti furono rinvenuti il 30 gennaio 2018 in due trolley abbandonati sullo la strada a Pollenza, nei pressi di Macerata.



In merito all’aggravante della violenza sessuale, i giudici avevano disposto un processo d’Appello bis davanti ai giudici di Perugia. Oseghale fu condannato in primo e secondo grado al carcere a vita. La pena, dopo la Cassazione, sarà decisa dopo la sentenza dell’Appello bis. Nel caso in cui dovesse cadere l’aggravante della violenza sessuale, infatti, Oseghale potrebbe godere di uno sconto di pena.



Pamela Mastropietro, rese note le motivazioni della sentenza di Cassazione

I giudici della Cassazione che si sono espressi nel processo per l’omicidio di Pamela Mastropietro, hanno compiuto un’analisi dettagliata anche delle fragilità della vittima. In merito si legge nelle motivazioni: “Le considerazioni relative alla fragilità della Mastropietro, che aveva di certo un vissuto costellato di difficoltà correlate all’abuso di stupefacenti risultano del tutto astratte in ragione del contenuto degli esami tossicologici e istologici, prima ricordati, che hanno logicamente escluso che l’assunzione della sostanza possa aver determinato il decesso della donna”. In quel momento, proseguono ancora gli ermellini, “è solo Oseghale a conoscere il reale determinismo della morte, e il gesto di occultamento di quei lembi del tessuto posti in corrispondenza di quelle ferite è altamente indicativo (e dunque indiziante) della volontà di ostacolare un accertamento tecnico sul decesso”.



Sul rinvio dell’aggravante della violenza sessuale, i giudizi hanno infine spiegato: “Pur in un contesto ricostruttivo reso estremamente difficile dalla scarsità degli elementi cognitivi sul fatto (non apparendo attendibile la versione dell’imputato, tardiva e inverosimile rispetto al luogo di consumazione) va rilevato che la sentenza d’Appello non scioglie in modo comprensibile il nodo relativo alla validità o meno, in assoluto, del consenso al rapporto e non fortifica, per converso, l’ipotesi del dissenso al rapporto non protetto attraverso, se del caso, un supplemento istruttorio teso a coinvolgere i soggetti che erano poco prima entrati in contatto con la Mastropietro”.