Sagome. Ecco ciò che resta di Giorgio Panariello, Carlo Conti e Leonardo Pieraccioni, che in Panariello, Conti, Pieraccioni: lo show danno il peggio di sé. Fossero sagome di comicità, sarebbero riusciti nel loro intento; il problema è che i tre sono sì sagome, ma in un altro senso. Sagome vuol dire ritagli, e ti spiego pure come si fa. Istruzioni: prendi il copione dei vecchi spettacoli, che anche se risalgono a vent’anni fa, va bene lo stesso, tanto l’Italia non è cambiata più di tanto (vedi la politica: all’occorrenza, potremmo addirittura riciclare qualche vecchia battuta su Berlusconi e compagnia…). Fatto? Perfetto, adesso fai qualche zac zac e metti tutto insieme col collante della banalità e del (presunto) politicamente scorretto, anche se – se è vero che un po’ di anni sono comunque passati – adesso il confine tra ciò che si può dire e ciò che non si può dire è di gran lunga più labile. Non solo: nel frattempo, è mutata la stessa definizione di politicamente corretto, tanto ci siamo abituati a ogni sorta di volgarità leggera e legittima. Viene da chiedersi, a questo punto, se non sia più scorretto denunciare questo tipo di comicità e di televisione; il suo dilagare, infatti, fa non poco riflettere. Non sarà che noi stessi l’abbiamo legittimata? E badate bene: per farlo, non importa l’intenzione. Basta solo guardarla.



Panariello, Conti, Pieraccioni: lo show… che non fa ridere

Con Panariello, Conti, Pieraccioni: lo show si spera di ridere; e invece viene o sonno o da piangere. È uno spettacolo che non si fa in tempo a godersi, in continua attesa che qualcosa succeda, che quei tre la smettano con le battute da prima elementare, come il classico bambino dispettoso e sfrontato che punta il dito per prende in giro, e dimostrino di essere maturati. Sono infantili tutte le caricature di Carlo Conti che riguardano il suo colorito, che durante lo show saranno state riproposte almeno dieci volte. Capiamo che si tratta di un inside joke anche abbastanza innocente, ma non pretendete che tutti lo capiscano o – peggio – che faccia ridere tutte le volte.



Da bambini ad adolescenti

Qualche riga sopra si invocava un intrattenimento più maturo. È proprio questo che vogliamo, ma – cari Panariello, Conti e Pieraccioni – vi preghiamo anche di non fraintenderci. Maturità non ha niente a che vedere con le frecciatine e gli ammiccamenti tipici di un modo di fare che di fatto è ancora da adolescente incolto e spudorato. Non se ne può più di quella vis morale continua a cui lo spettatore medio – quello cioè meno accorto – viene continuamente sottoposto, anche se non lo sa, anche se “in buona fede”. Insomma, ci aspettavamo uno show adatto a tutta la famiglia; ci ritroviamo in un ambiente che di familiare e rassicurante – a parte il faccione (nero, ricordiamolo) del nazionalpopolare Conti – ha ben poco. Non certamente uno show da Rai1, che ne poteva tranquillamente fare a meno. È vero, il pubblico a casa non ha pagato, ma per loro lo hanno fatto i nostri protagonisti. Con che cosa? Be’, con almeno un po’ di credibilità.

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