I dubbi e i sospetti sull’origine della pandemia di Coronavirus in Cina non rappresentano certo la notizia del giorno: è risaputo, ormai, che gli Stati Uniti d’America, come affermato a più riprese dal presidente nazionale Donald Trump, avrebbero le prove del fatto che il Covid-19 sia sfuggito da un laboratorio di Wuhan, per poi propagarsi a diverse velocità in tutto l’orbe terracqueo e produrre gli effetti noti purtroppo a tutti. La vera novità, semmai, è rappresentata dall’ira dell’Unione Europea nei confronti del Paese del dragone, motivata così dal “Financial Times”: “L’UE ha accusato la Cina di censurare un articolo co-firmato dal suo ambasciatore a Pechino e pubblicato sul ‘China Daily’, rimuovendo un riferimento allo scoppio del Coronavirus in Cina”. Insomma, nell’intervento del rappresentante diplomatico europeo in landa asiatica era contenuta l’affermazione secondo cui il virus sarebbe nato in loco e questa “rivelazione” non avrebbe trovato d’accordo qualcuno…
PANDEMIA CORONAVIRUS NATA IN CINA? L’IRA DELL’AMBASCIATORE UE: “CENSURA DEPLOREVOLE”
Inevitabilmente, la modifica apportata al suo articolo ha suscitato il malcontento di Nicolas Chapuis, ambasciatore d’Europa a Pechino: “È deplorevole – ha dichiarato al ‘Financial Times’ – vedere che la frase sulla diffusione del virus sia stata modificata”. Come riferisce il quotidiano, la porzione di testo incriminata recitava: “Il Coronavirus si è originato in Cina e poi si è diffuso nel resto del mondo“. L’editoriale, che è stato pubblicato mercoledì 6 maggio 2020 sul “China Daily”, è stato cofirmato dagli ambasciatori in Cina degli Stati membri dell’Ue e “la censura è l’ultimo esempio degli sforzi di Pechino per far fronte a chi l’accusa di avere gestito male i primi giorni della pandemia, che si ritiene abbia avuto inizio nella città cinese di Wuhan alla fine del 2019“. Al di là di ogni forma di dietrologia e cercando di mantenere sempre la linea dell’obiettività, è chiaro che una dichiarazione ufficiale da parte di chi ha voluto effettuare tale correzione potrebbe quantomeno risultare d’aiuto per non alimentare una cultura del sospetto che ora, a maggior ragione, sta raggiungendo picchi mai conosciuti prima d’ora.